La reliquia del sangue di San Gennaro si è sciolta questa mattina nel Duomo di Napoli. L’annuncio, dato alle ore 10.08, è stato accolto da un lungo applauso dei fedeli. “Abbiamo la gioia di annunciare che la reliquia è stata trovata completamente liquida”, ha dichiarato l’abate della Cappella del Tesoro, monsignor Vincenzo De Gregorio, accompagnando le parole con il tradizionale sventolio del fazzoletto bianco da parte di un componente della Deputazione del Tesoro di San Gennaro.
La tradizione – Il miracolo della liquefazione del sangue si ripete tre volte l’anno: il sabato precedente la prima domenica di maggio, il 19 settembre e il 16 dicembre. In alcuni casi, si è manifestato in occasione di eventi straordinari, come visite di pontefici o figure di rilievo del mondo ecclesiastico. L’ultima liquefazione risaliva allo scorso 25 agosto, durante l’apertura della Settimana liturgica nazionale, alla presenza del cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato Vaticano.
L’omelia sul valore del sangue – Nell’omelia per la celebrazione, l’arcivescovo di Napoli, cardinale Domenico Battaglia, ha riflettuto sul significato universale del sangue: «Oggi la parola sangue ci brucia addosso perché il sangue è un linguaggio che tutti capiamo e che chiede conto a tutti. Il sangue di Gennaro si mescola idealmente al sangue versato in Palestina, come in Ucraina e in ogni terra ferita dove la violenza si crede onnipotente e invece è solo rumore. Il sangue è sacro: ogni goccia innocente è un sacramento rovesciato».
L’appello per Gaza – Battaglia ha collegato il segno miracoloso a un appello accorato contro la guerra: «Se potessi, raccoglierei in un’ampolla il sangue di ogni vittima, bambini, donne, uomini di ogni popolo, e lo esporrei qui, sotto queste volte, perché nessun rito ci assolva dalla responsabilità, perché la preghiera senta il peso di ogni ferita e non scivoli via. E oggi, con pudore e con fuoco, dico: è il sangue di ogni bambino di Gaza che metterei esposto in questa cattedrale, accanto all’ampolla del santo perché non esistono “altre” lacrime: tutta la terra è un unico altare».
Il messaggio a Israele – Dalla cattedrale, l’arcivescovo ha poi rivolto un appello diretto a Israele: «Cessa di versare sangue palestinese. Da questa cattedrale che respira come un petto antico, si alza un appello chiaro, diretto, senza garbo diplomatico: cessino gli assedi che tolgono pane e acqua, cessino i colpi che sbriciolano case e infanzie, cessino le rappresaglie che scambiano la sicurezza con lo schiacciamento, cessi l’invasione che soffoca ogni speranza di pace. La sicurezza che calpesta un popolo non è sicurezza: è un incendio che, prima o poi, brucia la mano che credeva di domarlo».
La richiesta di pace – Infine, Battaglia ha invocato un cambio di rotta: «So il peso del tuo lutto, le ferite che porti nella carne e nella coscienza. Ogni terrorismo è un sacrilegio, ogni sequestro un’ombra sull’umano, ogni razzo contro civili un peccato che grida, ma oggi, davanti al sangue del martire, ti chiamo per nome: tu, Israele, fermati. Apri i valichi, lascia passare cure e pane, sospendi il fuoco che non distingue e moltiplica gli orfani. Non ti chiedo debolezza: ti chiedo grandezza, la grandezza di chi arresta la propria forza quando la forza profana la giustizia; di chi riconosce che l’unica vittoria che salva è quella sulla vendetta».