Afragola, l’omicidio di Pasquale Buono ripreso dalle telecamere: si indaga sul movente

di Redazione

Una manciata di secondi. Tanto è bastato per spegnere la vita di Pasquale Buono, 45 anni, conosciuto come “‘o grappino”, assassinato nel pomeriggio dell’11 giugno all’interno del negozio di biancheria intima del padre, in corso Italia, ad Afragola, nell’area a nord di Napoli. Le immagini, riprese da una telecamera di videosorveglianza privata, hanno immortalato l’intera sequenza. Una dinamica secca, spietata.

Il video, già acquisito dagli inquirenti, mostra l’arrivo dei sicari in sella ad uno scooter Honda SH, lanciati in contromano all’altezza del civico 27. Entrambi i killer hanno il volto coperto da caschi integrali e indossano abiti scuri. Il passeggero scende con in pugno un’arma – verosimilmente un revolver calibro 38 – e si avvicina all’ingresso dell’attività commerciale. Una figura appare fugacemente nell’inquadratura, si getta a terra per sfuggire ai proiettili. Poi gli spari, almeno cinque, tutti diretti al torace della vittima. I colpi esplosi alla schiena, secondo quanto emerso dalle prime analisi balistiche, sarebbero in realtà fori di uscita. Il tutto in meno di dieci secondi: quattro per colpire, due per risalire sullo scooter, e la fuga. Nessun bossolo ritrovato: il revolver, arma scelta proprio per la sua capacità di non lasciare tracce, ha trattenuto i proiettili nel tamburo.

Le modalità dell’agguato, freddo e fulmineo, lasciano pochi dubbi sulla matrice camorristica dell’omicidio. Ma il movente resta ancora da chiarire. Diverse sono le piste battute dagli investigatori. Tra queste, spiccano le testimonianze che Buono avrebbe dovuto rendere in un processo su un’estorsione ai danni di un imprenditore, nonché il suo possibile coinvolgimento – mai confermato – in vicende legate all’omicidio di un affiliato al clan del cosiddetto “gelsomino”, in contrasto con i gruppi attivi nel Rione Salicelle per il controllo dello spaccio.

Sebbene formalmente incensurato, Pasquale Buono era ritenuto dagli investigatori vicino al clan Moccia. Un legame che potrebbe aver segnato la sua condanna. Il suo nome, infatti, compare nei verbali di Michele Puzio, ex boss diventato collaboratore di giustizia, che lo avrebbe indicato come coinvolto, insieme a Salvatore Puzio detto “‘o Chirù” — attualmente in carcere per l’omicidio di Luigi Mocerino nella notte di Capodanno 2022 — in un episodio criminoso ancora sotto la lente degli inquirenti. Le dichiarazioni del pentito non hanno trovato, al momento, riscontri oggettivi. Ma la rete di relazioni pericolose potrebbe aver contribuito a renderlo un bersaglio.

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