Teverola (Caserta) – Ottantadue anni dopo l’eccidio, Teverola si ferma per ricordare. Sabato 13 settembre si terrà la cerimonia di commemorazione in onore dei 14 Carabinieri e dei due civili barbaramente trucidati dai nazisti nel 1943, durante i giorni drammatici che seguirono l’armistizio dell’8 settembre. Un massacro compiuto per punire la strenua resistenza opposta da quei militari e cittadini al tentativo di occupazione tedesca: un gesto di coraggio pagato con la vita, che oggi resta scolpito nella memoria collettiva del paese.
La cerimonia nel cimitero comunale – L’appuntamento è fissato per sabato 13 settembre, alle ore 9.45, presso l’area antistante la lapide commemorativa all’interno del cimitero di Teverola. Il programma prevede l’afflusso delle autorità e degli invitati alle ore 9.30, seguito dalla deposizione di una corona alle ore 9.45. A seguire, alle ore 10, la benedizione del monumento e della corona, quindi la Preghiera del Carabiniere, prevista per le ore 10.10. Le massime autorità istituzionali interverranno alle ore 10.15, mentre alle ore 10.20 sarà il sindaco Gennaro Caserta a tenere l’allocuzione conclusiva.
LE VITTIME – Questi i nomi dei 14 carabinieri: Egidio Lombardi (36 anni, brigadiere), Emilio Ammaturo (41, appuntato), Ciro Alvino (32, carabiniere), Antonio Carbone (21, carabiniere), Domenico Franco (19, carabiniere), Martino Manzo (49, carabiniere), Giuseppe Covino (28, carabiniere), Michele Covino (31, carabiniere), Giuseppe Pagliuca (28, carabiniere), Giuseppe Rocca (23, carabiniere), Nicola Cusatis (30, carabiniere), Domenico Dubini (30, carabiniere), Giovanni Russo (29, carabiniere), Emiddio Scola (40, carabiniere). I due civili: Carmine Ciaramella, operaio, e Francesco Fusco.
LA STORIA – L’armistizio dell’8 settembre 1943 firmato a Cassibile dal generale Castellano, per il Governo Italiano, con il rappresentante delle forze anglo-americane, segnava virtualmente la conclusione del secondo conflitto mondiale, aprendo, di fatto, quello con le truppe di Hitler. Nei giorni seguenti, nonostante le forze armate dello Stato fossero senza precise direttive, diversi reparti italiani diedero luogo ad una strenua resistenza. A Napoli, appena pervenne la notizia dell’armistizio, i tedeschi iniziarono immediatamente ad avere un atteggiamento ostile nei riguardi dei militari italiani. La volontà tedesca di assumere il controllo della città portò, sin dal mattino del 9 settembre 1943, a diversi scontri armati, tra cui quello con i carabinieri posti a difesa della caserma “Pastrengo”, cui contribuirono in misura rilevante, tra gli altri, quelli della Stazione di Napoli Porto.
Il mattino dell’11 settembre 1943, superato un primo momento di difficoltà, i soldati del Fuhrer iniziarono una nuova e più massiccia azione per occupare il Palazzo dei Telefoni di via De Pretis, obiettivo strategico per il controllo delle comunicazioni dell’intera area. A protezione dell’impianto furono posti 150 soldati del 40esimo Reggimento Fanteria, unitamente a quei carabinieri della Stazione di Napoli Porto che si erano già disimpegnati nella difesa della caserma Pastrengo. Nonostante il valore dei militari italiani, nel corso della stessa giornata le truppe naziste, più numerose e meglio armate, riuscirono a prevalere sino ad attestarsi saldamente in ogni quartiere di Napoli, spegnendo tutti i focolai di resistenza. Nella giornata del 12 settembre i tedeschi attaccarono la Stazione di Napoli Porto. L’assalto fu condotto dalle SS, con un numero preponderante di uomini, dotati di armi automatiche e casse intere di bombe a mano. I carabinieri combatterono fino all’ultimo finché, al termine di una lunga giornata di scontri, furono costretti ad arrendersi per l’esaurirsi delle munizioni.
I tedeschi, unicamente per salvaguardare la propria immagine e lasciar credere di rispettare la Convenzione di Ginevra, li dichiararono prigionieri di guerra e consegnarono loro alcuni fucili privi di caricatori, quindi li incolonnarono con altri prigionieri italiani e li avviarono fuori città, simulando che i carabinieri avessero il compito di concorrere alla scorta dei prigionieri. La colonna arrestò la marcia verso la mezzanotte del 12 settembre, a Teverola, dove, dal mattino del 13 settembre, allo scopo di continuare a far credere che i carabinieri stessero svolgendo un compito d’istituto, furono condotti, a bordo di mezzi militari, per le aree circostanti, fino a quando, in località “Madama Vincenza” di Teverola, insieme a due civili, anch’essi fatti prigionieri perché ostili ai nazisti, furono fatti disporre su due fila e trucidati con colpi di mitragliatrice. I carabinieri della Stazione di Napoli Porto terminarono in modo cruento la loro esistenza, responsabili unicamente di aver voluto restare fedeli al giuramento prestato ed aver inteso difendere la propria Patria. I militari del Reich, subito dopo l’eccidio, bruciarono i documenti dei giustiziati ed ordinarono ad alcuni civili di scavare una fossa per seppellire i cadaveri.
Al termine delle ostilità venne concessa ai 14 carabinieri e ai due civili una “Medaglia d’Argento” individuale con la seguente motivazione: “In periodo di eccezionali eventi bellici seguiti dall’armistizio, preposto con gli altri militari della sua Stazione alla difesa di importante centrale telefonica, assolveva coraggiosamente al suo dovere opponendosi al tentativo di occupazione e devastazione da parte delle truppe tedesche. Catturato per rappresaglia e condannato a morte con i suoi compagni affrontava con ammirevole stoicismo il plotone di esecuzione. Nobile esempio di virtù militare e di consapevole sacrificio”.