Nuovi scontri al confine tra Thailandia e Cambogia: salta il “cessate il fuoco” mediato da Trump

di Redazione

Un soldato ucciso, quattro feriti, decine di migliaia di civili in fuga e un accordo di cessate il fuoco già rimesso in discussione. A meno di due mesi dalla firma dell’intesa mediata dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, Thailandia e Cambogia sono tornate a combattersi lungo il loro fragile confine, scambiandosi accuse reciproche sulla responsabilità della nuova escalation.

Il nuovo fronte di crisi – Gli scontri sono ripresi tra ieri e oggi nelle aree di frontiera, con versioni divergenti da parte dei due eserciti. Bangkok sostiene che le proprie truppe siano state attaccate dalla Cambogia nella provincia di Ubon Ratchathani e riferisce che un suo militare è rimasto ucciso e altri quattro sono stati feriti. Il Ministero della Difesa cambogiano, invece, afferma che sono state le forze thailandesi a lanciare un’offensiva nelle prime ore del mattino nelle province di confine di Preah Vihear e Oddar Meanchey, sostenendo che Phnom Penh non avrebbe risposto al fuoco. L’esercito thailandese fa sapere di aver impiegato aerei per «colpire obiettivi militari» e «fermare il fuoco di supporto cambogiano», mentre circa 35mila persone sono state evacuate dalle zone di confine durante la notte.

Le violenze vicino ai templi – Le autorità di una provincia cambogiana prossima alla frontiera riferiscono di colpi d’arma da fuoco uditi nei pressi dei templi secolari di Tamone Thom e Ta Krabei. Di fronte al riaccendersi degli scontri, molti abitanti dei villaggi dell’area avrebbero lasciato le proprie case per mettersi in salvo, alimentando ulteriormente la tensione in un territorio già segnato da anni di contenziosi.

L’accordo di ottobre e la sua sospensione – Il ritorno alle armi arriva a meno di due mesi dall’accordo di cessate il fuoco firmato il 26 ottobre a Kuala Lumpur, in Malesia, sotto l’egida di Donald Trump, che aveva definito «storica» l’intesa e annunciato successivi accordi commerciali con i due Paesi. L’intesa, però, era stata sospesa da Bangkok già a novembre, dopo l’esplosione di una mina terrestre che aveva ferito quattro soldati thailandesi. «Pensavamo che la minaccia alla sicurezza fosse diminuita, ma non è così», ha affermato il primo ministro thailandese Anutin Charnvirakul. La Thailandia accusa da tempo la Cambogia di continuare a posare nuove mine lungo il confine, mentre Phnom Penh aveva già espresso il proprio rammarico per queste affermazioni, rivendicando il rispetto degli impegni presi.

Prigionieri, armi pesanti e mine – L’accordo di Kuala Lumpur prevedeva, tra i punti principali, il rilascio di 18 prigionieri cambogiani detenuti in Thailandia da diversi mesi. Entrambe le parti si erano inoltre impegnate a ritirare le armi pesanti dalle aree contese, a bonificare le zone di frontiera dalle mine e a proseguire il dialogo politico. Di fatto, però, nessuna di queste misure aveva ancora trovato piena attuazione, lasciando irrisolte le tensioni che oggi tornano ad emergere sul terreno militare.

Una disputa di confine mai chiusa – Alla base della crisi resta una controversia di lunga data sulla demarcazione di alcuni tratti degli oltre 800 chilometri di frontiera, tracciati all’epoca del dominio coloniale francese. Le aree contese comprendono diversi complessi templari, tra cui quello di Preah Vihear. La Corte Internazionale di Giustizia ha riconosciuto la sovranità del sito a Phnom Penh, ma la Thailandia continua a rifiutare l’autorità della Corte in materia territoriale, mantenendo così aperta una ferita che periodicamente si riapre in scontri armati e nuove accuse incrociate.

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