L’indagine ha scoperchiato un sistema che non si fermava nemmeno davanti alle porte del carcere. Un’organizzazione capace di imporre il silenzio, di colpire con il fuoco e di dettare regole anche a distanza, mantenendo un controllo costante sulle vittime e sugli affari illeciti. I carabinieri del Nucleo Investigativo del comando provinciale di Taranto hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce, su richiesta della Procura Distrettuale della Repubblica di Lecce, in coordinamento con la Procura di Taranto.
Il procedimento penale riguarda undici indagati, nei cui confronti il pubblico ministero ha disposto anche perquisizioni delegate finalizzate alla ricerca di armi e di elementi utili alle indagini. Gli indagati sono gravemente indiziati, a vario titolo, dei reati di estorsione pluriaggravata, incendio pluriaggravato, intralcio alla giustizia, porto di armi da sparo e relative munizioni, evasione continuata ed esercizio abusivo della professione, tutti presuntamente commessi con metodo mafioso.
L’operazione “Argan” – L’attività investigativa, denominata Argan, rappresenta l’esito di un’articolata inchiesta avviata nell’ottobre 2023 e conclusasi nel settembre 2025. Le indagini, coordinate dalle due Procure, si sono sviluppate attraverso servizi di osservazione, intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche, pedinamenti elettronici mediante dispositivi GPS e riprese video. Un lavoro che ha consentito di raccogliere un solido compendio indiziario su una serie di estorsioni ai danni di numerosi imprenditori della provincia di Taranto, costretti a versare ingenti somme di denaro, anche con cadenza periodica.
Incendi come messaggio intimidatorio – Le richieste estorsive erano sistematicamente precedute da atti intimidatori, in particolare incendi di autovetture. Azioni tutt’altro che improvvisate: secondo quanto emerso, gli indagati effettuavano sopralluoghi accurati nei pressi delle abitazioni e dei luoghi abitualmente frequentati dalle vittime, studiandone le abitudini, verificando la presenza di sistemi di videosorveglianza e scegliendo il momento più idoneo per colpire, così da amplificare l’effetto intimidatorio e ridurre il rischio di identificazione. Gli imprenditori colpiti operavano in diversi settori economici, tra cui quello ricettivo, con lidi balneari e strutture alberghiere della fascia costiera, oltre a varie attività commerciali presenti sul territorio.
Armi e minacce armate – Nel corso delle indagini è stato accertato che il gruppo criminale si sarebbe procurato armi da fuoco, utilizzate anche per la commissione di alcuni dei reati contestati. In questo contesto si inserisce un episodio ritenuto particolarmente significativo: uno degli indagati avrebbe esploso colpi di pistola dopo un banale incidente stradale, al solo scopo di intimidire l’altro automobilista e indurlo a rinunciare a contattare le forze dell’ordine per la constatazione del sinistro.
Il ruolo del 54enne – Figura centrale dell’impianto investigativo è un uomo di 54 anni, gravato da precedenti penali per reati di particolare allarme sociale, tra cui omicidio, traffico di stupefacenti e associazione finalizzata alle estorsioni. Nonostante fosse prima detenuto in carcere e successivamente sottoposto agli arresti domiciliari, avrebbe continuato a dirigere e coordinare le attività illecite del gruppo, avvalendosi di una rete di collaboratori fidati e mantenendo costanti contatti con l’esterno. In alcune conversazioni intercettate, le vittime manifestavano un evidente stato di assoggettamento psicologico, arrivando a definire l’indagato «un uomo d’onore».
L’intralcio alla giustizia – Le indagini hanno consentito di cristallizzare anche diverse condotte finalizzate a ostacolare l’azione giudiziaria, poste in essere nel corso di procedimenti penali a carico dello stesso 54enne. L’uomo era stato arrestato nel novembre 2023 in esecuzione di un’ordinanza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto, poiché presunto responsabile di un’estorsione ai danni di un imprenditore, al quale sarebbe stato imposto di licenziare un dipendente sotto minaccia di gravi ritorsioni. Prima dell’inizio del processo, la vittima sarebbe stata avvicinata e intimidita per impedirle di costituirsi parte civile. Le pressioni, veicolate anche tramite altri indagati, avrebbero coinvolto persino due testimoni, uno dei quali, visibilmente intimorito, avrebbe chiesto indicazioni su cosa dichiarare in aula: «Tu mi devi scrivere quello che devo dire… poi io studio. Faccio tutto quello che vuoi tu».
L’avvocato abusivo e i “pizzini” – Tra i reati contestati figura anche l’esercizio abusivo della professione forense, attribuito a una 35enne di Pulsano che, pur priva di abilitazione, si sarebbe qualificata come avvocato del Foro di Taranto. La donna, praticante presso uno studio legale, avrebbe assunto il ruolo di difensore di fiducia di uno degli indagati, accedendo anche all’istituto penitenziario di Lecce, dove il 54enne era ristretto, per trasmettere all’esterno comunicazioni e disposizioni sotto forma di “pizzini”, eludendo i controlli.
Un controllo che non si interrompe – Dalle investigazioni è emerso come l’attività criminale non si sia mai arrestata, nonostante la detenzione del principale indagato. Un ruolo rilevante sarebbe stato svolto dalla compagna dell’uomo, incaricata di organizzare incontri con le vittime in luoghi pubblici e apparentemente insospettabili, utilizzando un linguaggio criptico. Nei dialoghi intercettati, gli indagati definivano “persone educate” coloro che decidevano di pagare le somme richieste.
Omertà e assoggettamento – Lo stato di soggezione delle vittime emerge da episodi emblematici: un imprenditore, dopo l’incendio della propria autovettura, avrebbe parlato ai vigili del fuoco di un inesistente guasto meccanico; un altro, pur non avendo mai collaborato con le indagini, confidava a un conoscente tutta la sua frustrazione: «Questi mi stanno togliendo la vita».
La simulazione dell’invalidità – È stato inoltre accertato che il 54enne avrebbe simulato uno stato di invalidità durante la detenzione, vantandosi con la compagna delle proprie capacità attoriali per ottenere benefici penitenziari, arrivando a dire: «Io l’Oscar devo vincere», «Dentro l’ambulanza stavo come uno storpio». La donna lo avrebbe definito un “attore nato”, attribuendo a queste abilità il conseguimento, in passato, di condizioni detentive più favorevoli. Nonostante le restrizioni, l’uomo avrebbe anche ricevuto presso la propria abitazione numerose persone non autorizzate, tra cui complici e vittime delle estorsioni.
Il dispositivo operativo – L’operazione è stata eseguita con il supporto dei militari delle Compagnie carabinieri di Taranto, Martina Franca, Manduria e Castellaneta, del 6° Nucleo Elicotteri di Bari, dello Squadrone Eliportato Cacciatori “Puglia”, delle Aliquote di Primo Intervento della Sezione Radiomobile della Compagnia carabinieri di Brindisi e di tre unità cinofile del Nucleo di Modugno, specializzate nella ricerca di armi e sostanze stupefacenti. IN ALTO IL VIDEO

