Aversa, droga sul tetto della casa di reclusione: Sappe denuncia canale di rifornimento “insospettabile”

di Redazione

Aversa (Caserta) – Un pacco di stupefacenti intercettato sul tetto del carcere svela un canale di rifornimento tanto semplice quanto spiazzante. È allarme spaccio nella casa di reclusione di Aversa, dove la Polizia penitenziaria ha bloccato l’ennesimo tentativo di far entrare droga tra le mura della struttura.

La scoperta – «Il tempestivo intervento e l’attenzione del personale di Polizia penitenziaria di Aversa hanno permesso di individuare e sequestrare la sostanza stupefacente sul tetto del carcere», spiega Raffaele Munno, vicesegretario per la Campania del Sappe. «Si tratta dell’ennesima prova della professionalità, dell’esperienza e del costante impegno delle donne e degli uomini della Polizia penitenziaria, che ogni giorno operano in condizioni difficili per garantire la sicurezza all’interno del carcere».

La denuncia del sindacato – «Ogni giorno – commenta Donato Capece, segretario generale del Sappe – la Polizia penitenziaria porta avanti una battaglia silenziosa per evitare che dentro le carceri italiane, per adulti e minori, si diffonda uno spaccio sempre più capillare e drammatico, stante anche l’alto numero di tossicodipendenti tra i detenuti. Questo fa comprendere come l’attività di intelligence e di controllo del carcere da parte dei Baschi Azzurri della Penitenziaria diviene fondamentale. E deve convincere sempre più sull’importanza da dedicare all’aggiornamento professionale dei poliziotti penitenziari, come ad esempio le attività finalizzate a prevenire i tentativi di introduzione di droga in carcere, proprio in materia di contrasto all’uso ed al commercio di stupefacenti».

Il nodo tossicodipendenze – Capece torna a sottolineare le criticità connesse all’alto numero di detenuti tossicodipendenti: «Noi con il metadone non risolviamo il problema, ma dobbiamo portare questi ragazzi nelle comunità terapeutiche, anche perché ci costano di meno. Un detenuto in carcere costa mediamente 200 euro mentre in una comunità terapeutica da 50 a 80 euro. Così non solo risparmiamo, ma tra quelle persone qualcuno riusciamo a salvarlo e quando ci riusciamo non abbiamo salvato solo i ragazzi ma anche le famiglie, perché la tossicodipendenza non è un problema legato solo ai ragazzi ma è un problema di tutte le famiglie. E allora che senso ha tenerli in carcere? Basterebbe anche replicare l’esperienza del carcere di Rimini, dove, oltre 20 anni fa, fu istituita una piccola sezione, con 16 posti, nella quale accedono quei detenuti che sottoscrivono un programma con l’amministrazione, impegnandosi a studiare, lavorare, non assumere più sostanze alternative come il metadone, e dopo un certo periodo di tempo, 6 mesi, un anno, vanno in comunità e vengono tutti recuperati. Risolveremmo in parte anche il problema del sovraffollamento».

Sicurezza e diritti – Il segretario generale del Sappe richiama infine il ruolo della Polizia penitenziaria nel sistema sicurezza: «Sicurezza e diritti sono un binomio inscindibile anche quando si affronta la complessa realtà del sistema penitenziario, perché, salvi i casi più gravi, la doverosa esecuzione della pena deve costituire il presupposto per il ritorno alla vita civile del detenuto. Stare vicini alle donne ed agli uomini della Polizia penitenziaria vuol dire condividere il delicato ruolo istituzionale che a loro affida lo Stato».

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