La fuga fu spezzata in pochi secondi, lungo l’asfalto davanti alla pescheria. Un colpo alla testa, esploso a distanza ravvicinata, mise fine alla vita di Antonio Morione la sera del 23 dicembre 2021, a pochi giorni dal Natale. Oggi, a distanza di quattro anni, la Corte di Assise di Napoli ha chiuso il primo grado di giudizio con quattro condanne pesantissime per quella rapina trasformata in omicidio.
Le sentenze – L’ergastolo è stato inflitto a Giuseppe Vangone, ritenuto l’esecutore materiale del delitto. Trent’anni di reclusione ciascuno per Luigi Di Napoli e Angelo Palumbo, mentre a Francesco Acunzo sono stati comminati vent’anni. È questo il verdetto emesso dai giudici al termine del processo celebrato dinanzi alla seconda sezione della Corte di Assise.
Le richieste della Procura – I pubblici ministeri Andreana Ambrosino e Giuliana Moccia, della Procura di Torre Annunziata, avevano chiesto l’ergastolo per tutti e quattro gli imputati nella requisitoria dello scorso 5 novembre. Per l’accusa, quella sera il gruppo aveva pianificato una doppia rapina, colpendo prima la pescheria del fratello della vittima e poi quella di Morione, a Boscoreale.
La dinamica dell’agguato – A incastrare i banditi è stato anche un video che riprende l’omicidio. Morione, nel tentativo disperato di fermare la fuga dei rapinatori, era uscito dal negozio per forare un pneumatico dell’auto utilizzata per il colpo. In quel frangente uno dei componenti della banda, posizionato all’esterno, gli sparò contro: quattro colpi esplosi, uno dei quali fatale.
I ruoli nel commando – Secondo la ricostruzione emersa nel processo, a fare fuoco sarebbe stato Vangone, pregiudicato legato al clan Limelli-Vangone. A consegnargli l’arma sarebbe stato Di Napoli, già condannato in passato per il tentato omicidio del proprio avvocato. Palumbo e Acunzo, anch’essi pregiudicati, sono stati invece ritenuti responsabili di aver preso parte all’organizzazione delle rapine ai danni dei fratelli Morione.
Un tentativo di difesa disperato – Il pescivendolo venne colpito mentre cercava di proteggere la figlia durante l’assalto armato. Una reazione che si trasformò in una condanna a morte. Con il verdetto della Corte di Assise di Napoli si chiude il primo capitolo giudiziario di una vicenda che ha segnato profondamente la comunità del paese vesuviano.

