Appalti pilotati in Comuni e Asl: arresti nel Casertano, 17 misure cautelari

di Redazione

Un’imponente operazione dei carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Caserta ha portato all’esecuzione di 17 misure cautelari, tra cui arresti in carcere, domiciliari, divieti di dimora e interdizioni dai pubblici uffici. L’ordinanza, emessa nella mattinata del 9 settembre 2025 dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, è scattata nelle province di Caserta, Napoli, Roma, Avellino e Benevento, nell’ambito di un’indagine che punta a smantellare un sistema illecito di gestione degli appalti pubblici, riconducibile al clan dei Casalesi.

Al centro dell’inchiesta c’è Nicola Ferraro, imprenditore ed ex consigliere regionale, già condannato per concorso esterno in associazione camorristica. Secondo gli investigatori, dopo aver scontato un lungo periodo di detenzione, avrebbe ripreso le sue attività illecite almeno dal 2022, ponendosi nuovamente come figura di riferimento per le fazioni Schiavone e Bidognetti del clan dei Casalesi. Avvalendosi di una fitta rete di contatti, Ferraro avrebbe organizzato un sistema di corruzione capace di condizionare l’assegnazione di appalti pubblici nei settori dei rifiuti, delle sanificazioni e dei servizi nelle strutture sanitarie.

Le indagini hanno evidenziato come gli appalti venissero manipolati attraverso la corruzione di funzionari pubblici, con imprenditori compiacenti che accettavano di versare una percentuale del valore dell’appalto in cambio dell’aggiudicazione. Le gare per le sanificazioni erano spesso appannaggio di un cartello di imprese che si alternava nelle aggiudicazioni, garantendo una rotazione controllata e, in molti casi, subappaltando i lavori a ditte interne al sistema.

Due milioni in contanti nascosti in casa – Le forze dell’ordine hanno accertato un ingente flusso di denaro derivante dalle attività illecite. Una perquisizione condotta alla fine del 2023 ha portato al sequestro di circa due milioni di euro in contanti nascosti nell’abitazione di una stretta familiare di Giuseppe Rea, uno degli imprenditori coinvolti. Secondo gli inquirenti, il denaro, raccolto anche grazie a prestanome e intermediari, veniva poi consegnato a Ferraro tramite complici incaricati del trasporto e della custodia. Non solo denaro: tra i vantaggi ottenuti dagli indagati figurano anche beni di lusso come orologi costosi e veicoli, usati come strumenti di scambio all’interno del circuito corruttivo.

Infiltrazioni nelle Asl e nei Comuni – Dalle indagini è emerso il tentativo sistematico, da parte del clan, di infiltrarsi nelle pubbliche amministrazioni. Particolare attenzione è stata riservata all’Asl Caserta, all’Asl di Benevento e a diversi enti locali, dove secondo gli inquirenti operava una rete di imprenditori, dirigenti e politici compiacenti. Gli indagati sono ritenuti gravemente indiziati, a vario titolo, di associazione camorristica, corruzione, turbativa d’asta, estorsione, riciclaggio e autoriciclaggio, con l’obiettivo di controllare attività economiche e orientare la gestione degli appalti. Secondo quanto ipotizzato dalla Dda, la rete avrebbe anche cercato di influenzare processi elettorali per consolidare il proprio potere.

Le misure cautelari – Il giudice per le indagini preliminari Nicola Marrone ha disposto la custodia cautelare in carcere per Nicola Ferraro, Aniello Ilario e Giuseppe Rea, escludendo in tutti e tre i casi l’aggravante mafiosa prevista dall’articolo 416bis. Gli arresti domiciliari sono stati applicati, tra gli altri, a Giuseppe Guida, sindaco di Arienzo e coordinatore provinciale di Forza Italia, anche in questo caso con esclusione dell’aggravante camorristica. Stessa misura per altri imprenditori e soggetti coinvolti nel sistema, i quali dovranno inoltre rispettare il divieto di allontanarsi dalle proprie abitazioni e di comunicare con persone non conviventi. Nei confronti di altri indagati sono state applicate misure meno afflittive, come il divieto di dimora e l’interdizione dai pubblici uffici, a conferma della complessità della rete individuata. Alcune richieste della Procura Antimafia, come quella nei confronti dell’ex consigliere regionale Luigi Bosco, oggi coordinatore regionale di Azione, sono state rigettate dal giudice per le indagini preliminari.  IN ALTO IL VIDEO

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