Camorra, 11 arresti contro clan Scissionisti in area nord di Napoli

di Redazione

La rete del clan continua a muoversi sottotraccia, tra ruoli assegnati, beni schermati e denaro che viaggia oltreconfine. È in questo contesto che si inserisce l’operazione con cui la Direzione Investigativa Antimafia ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare personale nei confronti di undici persone, ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di stampo camorristico.

Il provvedimento giudiziario – L’ordinanza è stata emessa dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Napoli, su richiesta della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia. Gli indagati sono accusati di far parte del clan Amato Pagano, operante nei comuni di Melito di Napoli, Mugnano di Napoli e in parte dei quartieri Secondigliano e Scampia di Napoli. Contestati anche i reati di intestazione fittizia di beni e riciclaggio, aggravati dall’aver agito per agevolare l’organizzazione criminale.

Le indagini della Dia – Il provvedimento trae origine dalle attività investigative svolte dalla Dia di Napoli e coordinate dalla direzione distrettuale antimafia. Al centro dell’inchiesta, esponenti apicali del sodalizio Amato Pagano, nato dalla sanguinosa “scissione” dallo storico clan Di Lauro e per questo noto anche come gruppo degli “scissionisti”.

Il legame con l’operazione del 2024 – L’azione odierna rappresenta la prosecuzione dell’attività cautelare eseguita il 17 dicembre 2024, che aveva portato all’arresto di 53 indagati, ritenuti affiliati – anche in posizione apicale – allo stesso clan. In quella fase investigativa era stato ricostruito l’organigramma dell’intera organizzazione criminale, a partire dai vertici individuati nei discendenti diretti dei fondatori, Raffaele Amato e Cesare Pagano, entrambi detenuti in regime di 41.

Ruoli, fiancheggiatori e “mesate” – Con il nuovo provvedimento restrittivo viene ulteriormente confermata l’operatività del clan e la sua struttura capillare sul territorio, con ruoli ben definiti per ciascun sodale. Le indagini hanno inoltre fatto emergere il contributo sistematico di soggetti non formalmente inseriti nell’organizzazione, ma considerati concorrenti esterni. In questo quadro si inserisce l’elargizione delle cosiddette “mesate” ai familiari più stretti degli affiliati detenuti, quasi sempre alle mogli, con importi proporzionati al ruolo rivestito dal congiunto all’interno del clan.

Le basi logistiche e i beni schermati – Gli investigatori hanno documentato anche l’esigenza degli affiliati di disporre di luoghi ritenuti sicuri per le riunioni. Sarebbero emersi gravi indizi di colpevolezza a carico di due coniugi che avrebbero messo a disposizione la propria abitazione, nel centro di Melito di Napoli, lasciandola nella piena disponibilità degli esponenti di spicco del clan e allontanandosi durante gli incontri. Parallelamente, componenti apicali del sodalizio risultavano proprietari di fatto di veicoli di elevato valore commerciale, intestati fittiziamente ad aziende riconducibili a imprenditori compiacenti, con la redazione di falsi contratti di noleggio per eludere i controlli.

Riciclaggio e pressioni sugli imprenditori – Nel medesimo provvedimento sono state contestate anche condotte di riciclaggio e autoriciclaggio di denaro di provenienza delittuosa, trasferito su carte di credito prepagate e successivamente inviato all’estero, in particolare in Spagna. Contestati infine anche tentativi di estorsione ai danni di imprenditori, ulteriore conferma della perdurante capacità del clan di incidere sull’economia del territorio. IN ALTO IL VIDEO 

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