Pareti mai isolate, tetti mai coibentati, indirizzi inventati e fatture che nessuno ha mai emesso. Un intero sistema di efficientamento energetico costruito a tavolino, che ha permesso a una società con sede a Poggiomarino (Napoli), poi fallita, e a tre suoi amministratori – di diritto e di fatto – di ottenere indebitamente oltre 30,4 milioni di euro in fondi pubblici. Un danno erariale colossale, accertato dalla Corte dei conti.
Su delega della Procura Regionale per la Campania, retta dal dottor Antonio Giuseppone, i militari del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli hanno notificato un invito a dedurre ai quattro soggetti coinvolti, chiamati a rispondere in solido del maxi danno.
138mila certificati bianchi ottenuti con interventi fantasma – Le indagini di polizia erariale, coordinate dal dottor Davide Vitale, vice procuratore generale, hanno rivelato che la società e i suoi amministratori avevano falsamente attestato la realizzazione di interventi di risparmio energetico – come isolamento termico di edifici – mai realmente eseguiti. In base a queste dichiarazioni, il Gestore dei Servizi Energetici (G.S.E. S.p.a.) ha rilasciato 138.074 certificati bianchi, titoli dematerializzati e negoziabili che rappresentano veri e propri contributi pubblici. Ceduti sul mercato, questi certificati hanno generato flussi economici milionari.
Nessun permesso, fatture smentite, nomi inventati – A smascherare la truffa, anche la collaborazione degli enti locali: i Comuni coinvolti non hanno trovato traccia dei titoli autorizzativi per i lavori dichiarati, mentre le imprese formalmente incaricate delle opere hanno negato l’esistenza delle fatture. In alcuni casi, perfino i nomi delle località indicate risultavano inventati. Il meccanismo fraudolento, già oggetto di una parallela indagine della Procura di Treviso, ha causato un gravissimo danno alle casse pubbliche e al sistema di incentivazione energetica gestito da G.S.E. e C.S.E.A., sotto la vigilanza dell’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (Arera). IN ALTO IL VIDEO