La presunta vittima dello stupro di gruppo avvenuto nella notte fra il 16 e il 17 luglio 2019 deve essere ritenuta «pienamente attendibile». È quanto scrive il tribunale di Tempio Pausania nelle 72 pagine delle motivazioni della sentenza di condanna depositate lunedì pomeriggio, relative al procedimento che ha visto imputati Ciro Grillo (figlio di Beppe Grillo), Edoardo Capitta, Vittorio Lauria e Francesco Corsiglia. Il 22 settembre scorso il collegio ha inflitto otto anni di reclusione a Grillo junior, Capitta e Lauria, mentre Corsiglia è stato condannato a sei anni e sei mesi.
La ricostruzione dei fatti – Nelle motivazioni, il collegio presieduto da Marco Contu ricostruisce quanto accaduto nell’estate del 2019 in Costa Smeralda, all’interno della villetta di proprietà di Beppe Grillo. Secondo i giudici, dopo aver conosciuto una studentessa italo-norvegese di 19 anni e una sua amica diciottenne, i quattro giovani avrebbero invitato le due ragazze nella villa, dove si sarebbe poi consumata la violenza ai danni di una di loro.
Nessun consenso – Il tribunale esclude in modo netto qualsiasi ipotesi di consenso. I rapporti, si legge, si sarebbero svolti «in un contesto di costrizioni e impossibilità di reagire da parte della ragazza», in una situazione aggravata da una condizione di fragilità. I giudici parlano di «particolare brutalità del gruppo, coeso fin da principio», che avrebbe agito «in un contesto predatorio e prevaricatorio», senza tenere in alcuna considerazione lo stato della giovane.
Il racconto della vittima – Le eventuali discrepanze emerse nel racconto non incidono, per il collegio, sulla credibilità complessiva della ragazza. «Ha, fin da principio, reso un racconto immutato nel suo nucleo essenziale mentre le asserite contraddittorietà evidenziate dalla difesa degli imputati altro non devono ritenersi se non fisiologiche», scrivono i giudici, richiamando la difficoltà di ricordare ogni dettaglio di una vicenda risalente nel tempo.
La valutazione finale – Per il tribunale, l’azione del gruppo si inserisce dunque in una dinamica «predatoria e prevaricatrice», portata avanti in modo coeso sin dalle prime fasi, con modalità tali da confermare la gravità delle condotte contestate e a fondamento delle condanne pronunciate.

