Il Tribunale dei ministri ha disposto l’archiviazione per la presidente del Consiglio Giorgia Meloni nell’inchiesta sul rimpatrio del generale libico Almasri, accusato dalla Corte penale internazionale di crimini di guerra e contro l’umanità, chiedendo invece l’autorizzazione a procedere per il ministro della Giustizia Carlo Nordio, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano.
La reazione di Meloni – In un lungo post sui social, Meloni ha espresso indignazione: “Oggi mi è stato notificato il provvedimento dal Tribunale dei ministri per il caso Almasri: dopo oltre sei mesi dal suo avvio, rispetto ai tre mesi previsti dalla legge, e dopo ingiustificabili fughe di notizie. I giudici hanno archiviato la mia sola posizione, mentre dal decreto desumo che verrà chiesta l’autorizzazione a procedere nei confronti dei ministri Piantedosi e Nordio e del sottosegretario Mantovano. Nel decreto si sostiene che io ‘non sia stata preventivamente informata e (non) abbia condiviso la decisione assunta’: e in tal modo non avrei rafforzato ‘il programma criminoso’. Si sostiene pertanto che due autorevoli ministri e il sottosegretario da me delegato all’intelligence abbiano agito su una vicenda così seria senza aver condiviso con me le decisioni assunte. È una tesi palesemente assurda. A differenza di qualche mio predecessore, che ha preso le distanze da un suo ministro in situazioni similari, rivendico che questo governo agisce in modo coeso sotto la mia guida: ogni scelta, soprattutto così importante, è concordata. È quindi assurdo chiedere che vadano a giudizio Piantedosi, Nordio e Mantovano, e non anche io, prima di loro. Nel merito ribadisco la correttezza dell’operato dell’intero esecutivo, che ha avuto come sola bussola la tutela della sicurezza degli italiani. L’ho detto pubblicamente subito dopo aver avuto notizia dell’iscrizione nel registro degli indagati, e lo ribadirò in Parlamento, sedendomi accanto a Piantedosi, Nordio e Mantovano al momento del voto sull’autorizzazione a procedere”.
Le motivazioni dell’archiviazione – Il Tribunale dei ministri ha ritenuto che “gli elementi indiziari non siano dotati di gravità, precisione e concordanza tali da consentire di affermare in che termini e quando la presidente del Consiglio sia stata preventivamente informata e abbia condiviso la decisione assunta in seno alle riunioni, rafforzando con tale adesione il programma criminoso” e che “gli elementi acquisiti nel corso delle indagini non consentano di formulare una ragionevole previsione di condanna” per i reati di favoreggiamento e peculato. Nelle motivazioni si cita la testimonianza del prefetto Caravelli, secondo il quale Meloni “era stata sicuramente informata”, ma senza fornire dettagli sulla natura e portata dell’informazione.
La richiesta di autorizzazione a procedere – Per Nordio, Piantedosi e Mantovano il Tribunale dei ministri contesta il concorso in favoreggiamento personale aggravato; per Piantedosi e Mantovano anche il peculato aggravato, mentre a Nordio viene attribuito il rifiuto di atti d’ufficio aggravato. Nelle 90 pagine della richiesta, firmate dai giudici Maria Teresa Cialoni, Donatella Casari e Valeria Cerulli, viene ricostruita in ordine cronologico la vicenda: dalla richiesta di arresto della Corte penale internazionale fino alla liberazione di Almasri e al suo rimpatrio a Tripoli a bordo di un aereo dell’intelligence italiana. Tra gli atti citati compaiono mail, riunioni su Zoom tra vertici di governo e istituzioni, e stralci di interventi parlamentari di Nordio e Piantedosi. Per Piantedosi e Mantovano si aggiunge l’accusa di “aver distratto per uso momentaneo l’aereo della Cai e il carburante per i voli Roma–Torino, Torino–Tripoli e Tripoli–Roma, non per reali esigenze di sicurezza ma per aiutare Almasri a sottrarsi al mandato di arresto internazionale, abusando dei poteri e violando i doveri d’ufficio”.
Il calendario in Giunta – Il presidente della Giunta per le autorizzazioni Devis Dori ha annunciato che “entro la fine di settembre sarà pronta la relazione per l’Aula, si terranno almeno cinque sedute, inviteremo infine gli interessati a fornire i loro chiarimenti. Sia la Giunta che l’Aula esprimeranno tre voti distinti, con voto palese in Giunta e segreto in Aula la quale voterà definitivamente entro ottobre”.
Le reazioni delle vittime – L’avvocata Angela Maria Bitonti, legale di una donna ivoriana torturata nella prigione di Mittiga, ha annunciato un esposto alla Procura di Roma: “Giorgia Meloni ha detto di aver condiviso le decisioni. Dal nostro punto di vista, questo è un motivo per considerare la sua posizione non archiviabile”. Sulla stessa linea l’avvocato Francesco Romeo, difensore di Lam Magok Biel Ruei, migrante che ha denunciato il governo per favoreggiamento: “Un’archiviazione non è definitiva, può essere rimessa in discussione. Le parole della premier sono una confessione. Ci aspettiamo che la Procura riapra le indagini”.
La vicenda – Il 6 gennaio 2025 il capo della polizia giudiziaria libica lascia Tripoli per un viaggio in Europa che lo porta a Londra, Bruxelles, Germania e infine a Torino. Il 18 gennaio la Corte penale internazionale emette un mandato di arresto nei suoi confronti per crimini di guerra e contro l’umanità commessi nella prigione di Mittiga, dove sarebbero state uccise 34 persone e un bambino violentato. Fermato e incarcerato a Torino il 19 gennaio, viene rilasciato due giorni dopo dalla Corte d’Appello per un vizio procedurale, in quanto il Guardasigilli Carlo Nordio non era stato preventivamente informato. Nello stesso giorno il generale viene rimpatriato a Tripoli su un volo di Stato disposto dal ministro dell’Interno Piantedosi per “ragioni di sicurezza”. La mancata consegna alla Corte penale internazionale provoca proteste dell’Aia e dell’opposizione, mentre il governo italiano rivendica la correttezza delle proprie decisioni, contestando “anomalie” nel mandato e irregolarità nell’arresto.