Non si fermano le indagini sul disastro del volo Air India 171, precipitato a giugno a pochi minuti dal decollo dall’aeroporto di Ahmedabad, in India, causando la morte di 260 persone. Il rapporto preliminare appena depositato getta nuove ombre sulle cause dell’incidente, mentre crescono le polemiche da parte di esperti, piloti e familiari delle vittime.
Secondo quanto riportato dal Daily Telegraph, il comandante Sumeet Sabharwal, 56 anni, pilota esperto prossimo alla pensione, avrebbe sofferto di depressione negli ultimi anni, specie dopo la perdita della madre. L’uomo aveva confidato agli amici l’intenzione di trasferirsi con il padre rimasto solo. Anche il copilota Clive Kundar vantava un ampio curriculum di ore di volo e, come il comandante, aveva superato tutti i test psicofisici obbligatori per i piloti.
Gli investigatori hanno escluso malfunzionamenti generali all’aereo, ma il punto cruciale resta lo spegnimento dei motori pochi secondi dopo il decollo. Dalla scatola nera emerge un dialogo inquietante: uno dei piloti chiede all’altro perché abbia interrotto il flusso di carburante, ricevendo in risposta una negazione. Al momento del decollo, il copilota era ai comandi mentre il comandante monitorava la fase iniziale del volo. Gli interruttori del carburante furono riportati nella posizione corretta per tentare la riaccensione dei motori, ma solo uno riuscì a riprendere parzialmente la spinta prima dell’impatto.
La Direzione Generale dell’Aviazione Civile indiana ha ordinato alle compagnie aeree di ispezionare, entro il 21 luglio, gli interruttori che controllano l’alimentazione dei motori sui Boeing 787 e 737. Le compagnie Air India, Air India Express, Akasa Air, SpiceJet e IndiGo, che gestiscono complessivamente 150 aeromobili dei due modelli, hanno già avviato controlli precauzionali.
Nonostante la ricostruzione della sequenza di eventi, il rapporto preliminare non spiega la causa dell’arresto dei motori, lasciando aperta la possibilità di un errore umano o di un malfunzionamento tecnico. L’Alpa India, associazione dei piloti affiliata all’International Federation of Air Line Pilots’ Associations di Montreal, ha respinto ogni presunzione di colpa da parte dell’equipaggio e ha chiesto un’«indagine equa e basata sui fatti».
Tra le ipotesi tecniche al vaglio, un possibile guasto al Thrust Control Management Assembly (Tcma), sistema che gestisce la spinta del motore, potrebbe aver interpretato erroneamente lo stato dell’aereo, riducendo l’accelerazione come se fosse ancora a terra. «Un errore del genere durante il decollo sarebbe stato disastroso», ha spiegato al Sole 24 Ore Neelam Mathews, esperta indiana di aviazione.
Già nel 2018 la Federal Aviation Administration americana aveva diffuso un bollettino per segnalare la possibilità di disattivazione involontaria degli interruttori di controllo del carburante, senza però imporre obblighi di verifica. Secondo il rapporto, Air India non avrebbe effettuato i controlli suggeriti, mentre il modulo di controllo dell’acceleratore era stato sostituito nel 2019 e nel 2023 sull’aereo precipitato. Un precedente simile era stato registrato nel 2019 con un volo All Nippon Airways (Ana), in cui il Tcma ridusse erroneamente la spinta dei motori durante il rullaggio a causa di un’anomalia software. In quel caso non ci furono vittime, ma il National Transportation Safety Board americano chiese una revisione del sistema.
Al centro dell’attenzione ora anche il Fadec (Full Authority Digital Engine Control), che regola il flusso di carburante e l’accensione dei motori. Qualsiasi malfunzionamento potrebbe aver interrotto l’alimentazione o impedito la riaccensione. Resta inspiegabile come gli interruttori, protetti da sistemi anti-manomissione, si siano trovati in posizione “Cut Off” subito dopo il decollo.