Roma, il presunto killer di Villa Pamphili era stato fermato più volte: spunta foto con la bambina

di Redazione

Roma – Due cadaveri abbandonati sotto una siepe a Villa Pamphili. Una donna ancora senza nome, una bambina di pochi mesi. A lasciarle lì, secondo la Procura, è stato Rexal Ford, 46enne californiano arrestato in Grecia nei giorni scorsi, a Skiathos, dopo essere fuggito dall’Italia. Su di lui pendono ora le accuse di omicidio della neonata e di soppressione del cadavere della donna, mentre gli investigatori italiani valutano una missione nell’isola greca per interrogarlo. L’estradizione non è ancora certa: l’uomo potrebbe essere consegnato all’Italia, ma non si esclude un intervento delle autorità statunitensi.

Tutto inizia il 20 maggio. Siamo a Roma, tra via del Mascherone e piazza Farnese, cuore pulsante del centro storico. Due turiste americane, spaventate, corrono verso il ristorante Camponeschi: “C’è un uomo che picchia una donna con una bimba in braccio”, gridano. Il titolare e il vigilante rispondono all’appello, allertano il 112. L’uomo, ferito alla testa, è seduto sui gradini di un negozio. Accanto a lui una donna senza documenti e una neonata. Ai poliziotti dice: “Siamo turisti americani, lei è mia figlia”. È la prima menzogna.

Gli agenti verificano solo l’identità dell’uomo, non separano la donna da lui per ascoltarla, né cercano conferme sui suoi dati: nome e cognome forniti da Ford risulteranno poi inesistenti nelle banche dati americane. Nessuna denuncia, nessun provvedimento. E la donna resta invisibile. Quel primo incontro con le forze dell’ordine viene immortalato da una poliziotta e dal ristoratore, che in seguito segnalerà l’episodio alla trasmissione Chi l’ha visto?. “Le buone azioni si fanno e basta – ha dichiarato – non servono a mettersi in mostra”. Grazie a quelle immagini, gli investigatori riusciranno a identificare Ford e ricostruire i suoi movimenti. E sono proprio i movimenti del 46enne a tracciare un percorso di violenza e inquietudine: il 30 maggio viene di nuovo segnalato per comportamenti aggressivi al mercato di San Silverio, poco distante da Villa Pamphili. È in compagnia della stessa donna.

Il 5 giugno, Ford viene intercettato nei pressi di largo Argentina mentre tenta di introdursi in un hotel con un trolley e una neonata. È solo. La madre della piccola, come si scoprirà, era già morta da giorni. Alla polizia dice: “Mia moglie è partita”. Una seconda bugia, mentre la donna giace già senza vita, nascosta in un sacco nero nel verde del parco romano. La bambina, vestita con un abitino rosa – lo stesso che sarà ritrovato in un cassonetto – piange tra le sue braccia. I passanti scattano nuove foto, parlano con gli agenti. Anche stavolta, Ford viene lasciato andare.

Saranno dei bambini, sabato 7 giugno, a notare qualcosa di strano sotto una siepe a Villa Pamphili. Inizialmente credono si tratti di un bambolotto: la pelle chiara, il corpicino immobile. È invece la neonata, uccisa – secondo i primi riscontri – per soffocamento, poche ore dopo l’ultimo controllo di polizia. Vicino, il cadavere della donna, avvolto in un sacco nero. Gli esami del Dna stabiliranno se la piccola fosse davvero figlia dell’uomo, come da lui sostenuto. Ma anche qui, gli inquirenti temono l’ennesima menzogna.

Negli ultimi giorni in Italia, Ford si aggirava come un fantasma tra mense, parchi, mercati rionali. Appariva come un senzatetto, ma aveva una carta di credito. In tanti lo avevano notato, fotografato, ricordato. E proprio quella rete spontanea di osservatori inconsapevoli ha finito per comporre, tassello dopo tassello, il puzzle che oggi inchioda il 46enne.

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