Un uomo in fuga, una scia di sangue, una fine annunciata. Emanuele De Maria, 35 anni, detenuto in regime di semilibertà al carcere di Bollate, ha chiuso il suo percorso criminale con un volo di 40 metri dalle terrazze del Duomo di Milano, sotto gli occhi attoniti di turisti e passanti in una domenica pomeriggio di sole e shopping. Era ricercato da meno di 48 ore per l’accoltellamento di un collega e la scomparsa di una donna, trovata poi morta con ferite alla gola e ai polsi.
L’ultimo atto si è consumato alle 13.50 circa. Il biglietto d’ingresso per visitare la Cattedrale regolarmente pagato, l’ascesa tra i marmi e le guglie, poi il salto nel vuoto, senza esitazioni. Il corpo, dilaniato dall’impatto, è stato subito identificato grazie ai numerosi tatuaggi. Addosso, alcuni frammenti di documenti appartenenti a Chamila Wijesuriya, la collega scomparsa da venerdì, trovata cadavere poco dopo nel Parco Nord dai carabinieri del Nucleo Investigativo, allertati da una segnalazione.
Il suo corpo presentava ferite compatibili con quelle che De Maria aveva inferto nel 2016 a Oumaima Rache, 23enne tunisina sgozzata a Castel Volturno, nel Casertano. Per quell’omicidio, De Maria era stato arrestato nel 2018 in Germania, al confine con i Paesi Bassi, dopo una latitanza durata due anni. Poi il carcere a Secondigliano e infine Bollate, dove stava scontando una pena con fine previsto nel 2030. Una seconda occasione, concessa dallo Stato, che si è trasformata in un altro crimine.
Assunto come receptionist a tempo indeterminato presso l’Hotel Berna, a pochi passi dalla Stazione Centrale, De Maria non ha fatto ritorno in carcere venerdì dopo il turno di lavoro. Le telecamere lo avevano ripreso insieme a Chamila nei pressi del Parco Nord. Poche ore più tardi, una telecamera alla fermata Bignami della metropolitana lo aveva immortalato da solo. Proprio lì, un addetto Atm aveva rinvenuto il cellulare della donna in un cestino. Chamila, 50 anni, di origine cingalese, viveva a Milano con marito e figlio. L’allarme era scattato quando non si era presentata al lavoro.
Sabato mattina, la spirale di violenza era proseguita: alle ore 6, nel bar dell’hotel, De Maria ha colpito con cinque coltellate Hani Nasr, barista egiziano, collega e – forse – rivale sentimentale. Il giovane è riuscito a mettersi in salvo, rifugiandosi nella struttura, ed è ora fuori pericolo dopo un delicato intervento chirurgico. Gli inquirenti attendono di ascoltarlo per chiarire la dinamica e i rapporti tra le persone coinvolte.
Mentre gli investigatori temevano una fuga all’estero – come già avvenuto in passato – e avevano messo in allerta anche la Polfer, De Maria si nascondeva in città. Il suo nome era ormai collegato a un secondo presunto femminicidio. Due colpi di scena nel giro di poche ore: la scoperta del cadavere di Chamila, seminascosto nel verde del Parco Nord, e il drammatico gesto dell’uomo che ha scelto il simbolo più iconico di Milano per concludere la propria parabola.
Il pubblico ministero Francesco De Tomasi e la Squadra Mobile stanno ora ricostruendo gli ultimi movimenti di De Maria. L’inchiesta si muove su due filoni: l’omicidio di Chamila e il tentato omicidio del barman egiziano. Determinanti potrebbero essere i dati contenuti nel cellulare della donna e le testimonianze dei colleghi dell’hotel.
Il caso ha sollevato interrogativi anche sulla gestione della semilibertà concessa al detenuto. De Maria, che avrebbe potuto ricostruirsi una vita con un lavoro e una scadenza certa della pena, ha scelto invece di replicare, in modo quasi rituale, lo stesso orrore di nove anni fa. Fino all’epilogo definitivo, nel cuore di una città che domenica pomeriggio si è ritrovata spettatrice di un dramma tragico e assurdo.