Tripoli, condannato a fucilazione secondogenito di Gheddafi

di Stefania Arpaia

Tripoli – Saif al Islam, figlio di Gheddafi, è stato condannato a morte dal tribunale di Tripoli per la repressione violenta durante la rivolta del 2011.

La notizia è stata confermata dalle autorità locali. L’uomo era  stato arrestato il 19 novembre 2011 mentre cercava di fuggire in Niger ed è attualmente detenuto nel carcere di Zintan ma la milizia rifiuta di consegnarlo al governo centrale. Per questo motivo, il Parlamento ha adottato alcune modifiche al codice di procedura penale, che ora autorizzano la celebrazione di processi con l’imputato presente in videoconferenza. 

L’ultima volta che era comparso in tribunale era il 27 aprile, appunto in videoconferenza dalla prigione di Zintan, a 180 chilometri a sud-ovest di Tripoli.

Contro Saif era scattato un mandato di cattura internazionale, in particolare per crimini contro l’umanità commessi durante la repressione della rivolta popolare poi trasformatasi in guerra civile. 

La pena prevista è la fucilazione. Altri otto gerarchi del passato regime libico sono stati condannati alla stessa sentenza che “è definitiva ed è da eseguire”, ha annunciato il procuratore generale di Tripoli, Sadiq al Suwar, nel corso di una conferenza stampa.

Il ministro della Giustizia libico, Mabruk Qarira, ha fatto sapere invece che il processo in corso a Tripoli, gestito dalle milizie locali, “è illegale” e ha chiesto alla comunità internazionale di non riconoscere il tribunale che porta avanti questo processo.

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