Ilva, in 47 a processo: c’è anche Nichi Vendola

di Redazione

Taranto – Il gup del tribunale di Taranto Vilma Gilli ha rinviato a giudizio 44 persone fisiche (tra cui l’ex governatore Nichi Vendola) e tre società (Ilva Spa, Riva Fire e Riva Forni Elettrici) per l’inchiesta “Ambiente Svenduto” sul disastro ambientale provocato dall’Ilva. Due imputati sono stati condannati con rito abbreviato. Fabio Riva, in cella a Taranto dopo una latitanza a Londra di 2 anni e mezzo, non si è presentato in aula.

I due imputati condannati con rito abbreviato sono don Marco Gerardo, ex segretario dell’ex arcivescovo di Taranto Benigno Luigi Papa, e l’ex consulente della Procura ionica Roberto Primerano. Al sacerdote, accusato di favoreggiamento personale, sono stati inflitti 10 mesi di reclusione (stessa richiesta della Procura); Primerano è stato condannato tre anni e quattro mesi per falso ideologico e assolto dalle accuse di disastro doloso in concorso e avvelenamento in concorso di acque o di sostanze alimentari.

Il gup del tribunale di Taranto ha invece assolto l’ex assessore regionale all’Ambiente Lorenzo Nicastro dall’accusa di favoreggiamento personale. Insieme a Nicastro, sono stati assolti con rito abbreviato il luogotenente dei carabinieri Giovanni Bardaro (accusato di rivelazione di segreti d’ufficio) e l’avv. Donato Perrini (favoreggiamento personale), ex legale del già assessore all’Ambiente della Provincia di Taranto Michele Conserva, a sua volta rinviato a giudizio.

Tra gli imputati rinviati a giudizio c’è anche l’ex presidente della Regione Puglia. Vendola è accusato di concussione aggravata in concorso con l’ex responsabile Rapporti istituzionali dell’Ilva Girolamo Archinà, l’ex vice presidente di Riva Fire Fabio Riva, l’ex direttore dello stabilimento siderurgico di Taranto Luigi Capogrosso e il legale dell’Ilva Francesco Perli.

Secondo l’accusa, Vendola avrebbe esercitato pressioni sul direttore generale di Arpa Puglia (Agenzia regionale di protezione ambientale), Giorgio Assennato (a sua volta a giudizio per favoreggiamento personale), per far “ammorbidire” la posizione della stessa Agenzia nei confronti delle emissioni nocive prodotte dall’Ilva. In questo modo, sostiene la Procura, Vendola avrebbe consentito all’azienda di continuare a produrre senza riduzioni di emissioni inquinanti, come invece suggerito dall’Arpa in una nota del 21 giugno 2010 stilata dopo una campionatura che aveva rilevato picchi di benzoapirene.

Sempre secondo l’accusa, Vendola avrebbe “minacciato” la non riconferma di Assennato, il cui mandato scadeva nel febbraio 2011. I fatti contestati sono compresi nel periodo che va dal 22 giugno 2010 al 28 marzo 2011. La concussione aggravata è contestata a Vendola in concorso con l’ex responsabile Rapporti istituzionali dell’Ilva Girolamo Archinà, l’ex vice presidente di Riva Fire Fabio Riva, l’ex direttore dello stabilimento siderurgico di Taranto Luigi Capogrosso e il legale dell’Ilva Francesco Perli.

“Sarei insincero se dicessi, come si usa fare in queste circostanze, che sono sereno. Sento come insopportabile la ferita che mi viene inferta da un’accusa che cancella la verità storica dei fatti: quella verità è scritta in migliaia di atti, di documenti, di fatti. Io ho rappresentato la prima e l’unica classe dirigente che ha sfidato l’onnipotenza dell’Ilva e che ha prodotto leggi regionali all’avanguardia per il contrasto dell’inquinamento ambientale a Taranto”, ha commentato Vendola.

 

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