L’intervento delle Fiamme gialle ha messo fine a una vicenda che affonda le radici nel tracollo di una società comasca della telefonia mobile, lasciando dietro di sé un buco milionario e risorse pubbliche evaporate oltreconfine. I finanzieri del comando provinciale di Como hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal tribunale di Como, su richiesta della procura della Repubblica, nei confronti di tre persone: due destinatarie della misura in carcere e una agli arresti domiciliari.
Le indagini – Il provvedimento scaturisce dalle indagini avviate dopo il fallimento, nel dicembre 2022, di un’importante società operante nella commercializzazione di prodotti e servizi di telefonia mobile per conto di una primaria azienda di telecomunicazioni. L’inchiesta, coordinata dal sostituto procuratore Simona De Salvo, prende le mosse dall’accertamento di un omesso versamento Iva relativo all’anno 2019, per oltre 800mila euro, contestato all’amministratore della società poi fallita. Gli investigatori hanno ricostruito un disegno ritenuto doloso: il dissesto sarebbe stato provocato volontariamente, con la complicità della compagna, attraverso la distrazione sistematica del patrimonio aziendale, così da impedire l’azione di recupero dei creditori e dell’Erario.
Società estere e flussi finanziari – Le condotte distrattive, secondo quanto emerso, si sarebbero protratte nel tempo anche grazie alla costituzione mirata di società veicolo estere, con sedi negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, verso cui sono state drenate ingenti risorse della società comasca.
La ricostruzione dei finanzieri – I militari del Nucleo di polizia economico finanziaria di Como, attraverso l’analisi della documentazione contabile acquisita, l’esame dei conti bancari, il vaglio delle dichiarazioni degli ex dipendenti e gli esiti di perquisizioni e sequestri, hanno ricostruito le principali vicende societarie e le reti relazionali e d’affari. Il passivo fallimentare è stato quantificato in oltre 2 milioni e 800mila euro, con un danno che ha colpito in larga parte le casse dello Stato.
Contabilità occultata e fatture false – L’attività investigativa ha fatto emergere anche l’occultamento di parte della contabilità, risultata incompleta, inattendibile e tenuta in modo tale da rendere impossibile la ricostruzione degli affari. È stato inoltre accertato un frequente ricorso all’emissione di fatture per operazioni inesistenti, per circa 1 milione e 300mila euro, utilizzate per far apparire la società in utile. Le stesse venivano poi stornate l’anno successivo con note di credito di pari importo, mascherando perdite che avrebbero imposto una ricapitalizzazione.
Mutui garantiti dallo Stato – Gli accertamenti si sono concentrati anche sulla destinazione del patrimonio distratto, impiegato in investimenti verso società inglesi poi rivelatisi infruttuosi, in spese personali e a beneficio di società riconducibili agli indagati con sedi nelle Isole Vergini e negli Stati Uniti, per un importo complessivo di oltre 1 milione e 700mila euro. In questa cifra rientra anche la sottrazione di un mutuo da 800mila euro garantito dallo Stato tramite Mediocredito Centrale S.p.A., gestore del Fondo di garanzia ex legge 662/1996. È emerso inoltre che la società, nonostante fosse ormai decotta e inattiva, nel 2020 avrebbe richiesto a Banca Progetto S.p.A. un ulteriore prestito da 800mila euro, garantito al 90 per cento da risorse pubbliche, presentando documentazione contabile artefatta per simulare una solidità economica inesistente. Contestualmente sarebbe stato deliberato un aumento di capitale da 100mila euro, attingendo a riserve di bilancio fittizie create ad hoc.
Il trasferimento negli Stati Uniti – Una volta ottenuto il finanziamento, l’intero importo sarebbe stato immediatamente trasferito sul conto corrente di una società con sede in Texas, riconducibile all’amministratore della fallita e a un suo complice, risultato amministratore delegato dell’azienda americana, a fronte del pagamento di una fattura ritenuta falsa.
Le misure cautelari – Al termine delle indagini, il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Como, su richiesta della procura della Repubblica, ha disposto la custodia cautelare in carcere per l’amministratore della società fallita e per il suo complice, mentre per la compagna è stata applicata la misura degli arresti domiciliari. IN ALTO IL VIDEO

