Il blitz è scattato all’alba: i militari del comando provinciale della Guardia di finanza di Messina hanno eseguito un’ordinanza di misure cautelari personali e reali emessa dal gip del tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto nei confronti di due imprenditori accusati di sfruttamento del lavoro.
L’indagine – L’articolata attività investigativa, svolta dalla compagnia della guardia di finanza di Barcellona Pozzo di Gotto su delega dell’autorità giudiziaria, ha delineato un quadro di gravi e sistematiche violazioni della normativa sul lavoro. Nel mirino due imprenditori barcellonesi del commercio al dettaglio di carburante per autotrazione: secondo gli accertamenti, nove dipendenti addetti alle colonnine di erogazione sarebbero stati sottoposti a condizioni irregolari e penalizzanti.
Le misure – Alla luce della ricostruzione, il gip, accogliendo le richieste della Procura della Repubblica presso il tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto e ravvisando specifiche esigenze cautelari, ha disposto gli arresti domiciliari per i due imprenditori e il sequestro delle somme giacenti sui conti correnti intestati alla società fino a oltre 352mila euro.
Il racconto dell’operaio – L’operazione nasce dalla denuncia di un addetto alla distribuzione di carburante: dopo presunte vessazioni e il licenziamento, l’uomo si è rivolto alle Fiamme gialle indicando condizioni di lavoro ritenute inique che avrebbero coinvolto anche altri colleghi in una stazione di servizio.
Turni massacranti e mancati pagamenti – Gli elementi finora raccolti sorreggono l’ipotesi di caporalato. Sono stati documentati molteplici episodi di sfruttamento: turni reali di 8 ore a fronte di buste paga con 6 ore e 40 minuti; mancato o parziale pagamento delle maggiorazioni per straordinari diurni e notturni; indennità per festivi, tredicesima e quattordicesima non corrisposte o, in alcuni casi, richieste indietro in contanti dopo l’erogazione. Contestualmente emergono reiterate violazioni della disciplina su orario di lavoro e riposi, oltre all’applicazione di trattamenti retributivi difformi dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative.
Lo stato di bisogno – L’attività ispettiva ha inoltre evidenziato la condizione di necessità in cui versavano i lavoratori, privi di altre fonti di reddito e costretti ad accettare condizioni precarie. Secondo quanto accertato, chi lamentava le prassi sarebbe stato ammonito sulle difficoltà di ottenere trattamenti migliori e, tra minacce di licenziamento e pressioni, invitato a valutare le dimissioni “volontarie” se non allineato alle regole imposte. IN ALTO IL VIDEO

