Un tricolore stampato sulla scatola, un claim d’italianità ripetuto come garanzia. Ma dietro c’erano filiere estere e prodotti che, in migliaia di casi, non rispettavano neppure gli standard di sicurezza. Così i militari del comando provinciale della Guardia di finanza di Torino, sotto il coordinamento della Procura, hanno smontato un vasto circuito di vendita di accessori per auto e dispositivi per moto e bici falsamente presentati come italiani, tutelando il made in Italy e i consumatori.
L’operazione e il perimetro d’indagine – L’attività, incardinata nel più ampio contesto investigativo “Non ci casco” del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Torino, ha riguardato prodotti per auto e Dpi per moto e bici (caschi, visiere, dispositivi di comunicazione, batterie, kit di sicurezza, catene da neve e altro), d’origine prevalentemente cinese o comunque estera ma veicolati con segni, nomi e richiami grafici (anche colori e forme del tricolore) idonei a far credere una provenienza nazionale.
Dove si muoveva la filiera – Dall’osservazione delle catene retail è emersa una mappa di siti di stoccaggio nelle province di Milano, Mantova, Verona, Vicenza, Bologna e Modena. Da lì i prodotti venivano confezionati con imballi “italianizzanti” e immessi sul mercato interno ed estero. Le Fiamme gialle, su disposizione della Procura di Torino, hanno eseguito perquisizioni nei depositi, nei punti vendita e negli store monomarca in Piemonte e sul territorio nazionale.
I numeri del sequestro – Sono stati cautelati oltre 5,5 milioni di articoli, tra cui 144mila caschi per moto e bici, tutti con indicazioni fallaci su origine e provenienza. Il controvalore commerciale supera i 90 milioni di euro. Per 10mila caschi da moto e 5mila da bici l’autorità giudiziaria ha disposto perizie: gli accertamenti hanno evidenziato la non omologabilità secondo la normativa vigente, per gravi carenze strutturali e assenza dei requisiti minimi di sicurezza.
Importazioni e confezionamento – L’analisi documentale e il tracciamento dei flussi hanno consentito di ricostruire l’intera filiera: merce proveniente, senza trasformazioni “sostanziali”, soprattutto da Cina e Vietnam, poi confezionata in Italia con packaging fuorviante e avviata alla distribuzione.
Le denunce – I responsabili di quattro imprese sono stati denunciati per il reato, in ipotesi d’accusa, di vendita di prodotti industriali con segni mendaci, in relazione alla disciplina del made in Italy; per uno di loro è scattata anche la segnalazione per frode in commercio e importazione di prodotti pericolosi per l’incolumità delle persone. IN ALTO IL VIDEO

