All’alba, tra Gallipoli, Nardò, Galatone, Sannicola, Seclì e la Casa circondariale di Lecce, i Carabinieri del comando provinciale hanno stretto il cerchio su un’associazione dedita al traffico di stupefacenti radicata sulla costa ionica del Salento. In campo 120 militari con elicottero del 6° Nucleo di Bari Palese, Squadrone Eliportato Cacciatori “Puglia”, Nucleo cinofili di Modugno e personale dell’11° Reggimento “Puglia”.
Le misure cautelari – Su disposizione del giudice per le indagini preliminari di Lecce, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia, sono state eseguite misure per 16 indagati: 7 in carcere e 9 ai domiciliari, nell’ambito di un procedimento che coinvolge in totale 51 persone. Le contestazioni vanno dall’associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti alla detenzione ai fini di spaccio, fino a rapina con armi, tentata estorsione, incendio e lesioni personali aggravate dallo sfregio permanente, con aggravante del metodo mafioso.
Le indagini – Il fascicolo nasce nel giugno 2020, dopo l’arresto in flagranza per spaccio a Galatone di un giovane del 1999. Da quel primo episodio è emersa una trama a doppio binario: due gruppi in costante contatto, con aree di influenza distinte tra l’asse Nardò (incluse le marine di Santa Caterina e Santa Maria al Bagno) e Gallipoli (con Galatone e Sannicola).
Le due strutture – Quella attiva su Nardò presentava una regia verticistica e un ricorso sistematico alla forza per imporre regole e recuperare crediti, anche con armi, in perfetto stile mafioso. L’obiettivo: controllo del territorio e piazza dello spaccio.
La violenza documentata – Tra gli episodi contestati, un automobilista rapinato dopo un prelievo al bancomat: sequestrato di fatto sull’auto, schiaffeggiato e minacciato con una pistola puntata alla gamba destra e al volto, derubato di 350 euro e delle chiavi; mentre uno dei malviventi avrebbe poi esploso due colpi contro il veicolo, colpendo lo sportello lato guida. In un’altra circostanza, nei pressi di un bar di Nardò, una vittima è stata colpita a calci e pugni anche a terra, riportando lo sfregio permanente del volto.
Tecnica e coperture – Intercettazioni, pedinamenti, osservazioni discrete e ricognizioni aeree hanno ricostruito un flusso costante di cocaina, eroina, marijuana e hashish, smerciate nei centri abitati e nelle località marine. Centrale l’uso dei canali di messaggistica (WhatsApp e Telegram) con chat dedicate e linguaggi in codice: la “merce” veniva chiamata “birra”, “pane fatto in casa” e simili, con pusher che in alcuni casi cercavano persino “recensioni” dai clienti per fidelizzarli.
Il ruolo delle donne – In più nuclei familiari le donne figuravano come referenti: rifornivano i pusher, curavano stoccaggi e consegne – talvolta alla presenza di un minore – e utilizzavano auto intestate a terzi come “apripista”. Una figura vicina al capo fungeva da “telefonista”, gestendo contatti e appuntamenti e adottando accortezze per eludere i controlli.
La catena dello spaccio – La droga veniva prelevata da nascondigli sicuri, confezionata in dosi e distribuita ai pusher per l’immissione capillare sul territorio, secondo un sistema rodato che ha fruttato profitti ingenti fino al blitz di oggi.
Il bilancio operativo – Nel corso dell’inchiesta sono stati eseguiti dieci arresti in flagranza e sequestrate quantità di cocaina, eroina, hashish e marijuana che, al dettaglio, avrebbero potuto generare quasi 5mila dosi.
L’atto del gip – Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce ha ritenuto gravi gli elementi raccolti dai Carabinieri della Compagnia di Gallipoli e ha condiviso l’impostazione accusatoria della Direzione distrettuale antimafia, firmando l’ordinanza eseguita questa mattina dal comando provinciale. IN ALTO IL VIDEO