Un pugno in pieno volto a un agente e un reparto che dovrebbe isolare i ristretti ma, nei fatti, li lascia muovere liberamente: alla casa circondariale casertana di Santa Maria Capua Vetere la tensione è salita di colpo.
A raccontarlo è Vincenzo Berrini, segretario del Sappe – Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria: “Due detenuti, ieri pomeriggio, nel Reparto Danubio, sono venuti alle mani ed è rimasto ferito, colpito con un violento pugno al volto, il poliziotto penitenziario intervenuto per separarli. Dieci i giorni che gli sono poi stati diagnosticati dal Pronto soccorso, insieme a una microfrattura al naso. Certo deve fare riflettere che quello dovrebbe essere un Reparto Isolamento, ma in realtà i detenuti sono quasi tutti liberi: parliamo di sessanta/settanta ristretti, controllati da un solo agente, in una sezione dove non ci sono ispettori e sovrintendenti”. “Questa è, purtroppo, la quotidianità operativa con cui hanno a che fare le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria della Campania”, conclude il sindacalista.
Il cambio di passo atteso – Sulle criticità interviene Donato Capece, segretario generale del Sappe, che riconosce un diverso clima politico: “Dobbiamo dare atto che, rispetto al passato, l’attuale governo e l’Amministrazione penitenziaria hanno mostrato maggiore ascolto e sensibilità nei confronti delle criticità del settore. Ma proprio per questo ci aspettiamo di più. Serve uno sforzo ulteriore, più deciso e strutturale, perché non bastano le buone intenzioni: occorrono atti concreti e urgenti, come dotare le donne e gli uomini del Corpo di strumenti utili a garantire la loro stessa incolumità fisica”.
Riorganizzare i circuiti – Capece rinnova l’appello del Sappe alle istituzioni: “È necessario rivedere l’organizzazione delle carceri, classificandoli in tre livelli: massima sicurezza, media sicurezza e custodia attenuata, atteso il fallimento degli attuali circuiti. Attraverso tale differenziazione si potrebbe differenziare anche la formazione del personale e prevedere un differente impiego di forze e di professionalità: in quelli di massima sicurezza più Polizia penitenziaria, negli altri meno polizia e più educatori e assistenti sociali”.
Sicurezza e diritti – Il leader nazionale richiama un principio cardine: “Sicurezza e diritti sono un binomio inscindibile anche quando si affronta la complessa realtà del sistema penitenziario, perché, salvi i casi più gravi, la doverosa esecuzione della pena deve costituire il presupposto per il ritorno alla vita civile del detenuto. In questa ottica, è necessario attivare al più presto i ruoli tecnici del Corpo: medici e psicologi nell’immediato e nel prossimo futuro anche quelli socio pedagogici. Professionisti del trattamento, evitando inutili commistioni e false illusioni, su un possibile ruolo della Polizia penitenziaria in un compito che non è il suo”.