Immigrazione clandestina, sfruttamento della prostituzione, contraffazione, spaccio e detenzione abusiva di armi: è lungo l’elenco dei reati contestati nell’ambito di una vasta operazione della Polizia di Stato, coordinata dal Servizio centrale operativo (Sco), che ha colpito duramente la criminalità organizzata di matrice cinese radicata in Italia.
Colpita la struttura mafiosa e il “cuore economico” dei clan – L’operazione, definita “ad alto impatto”, si è svolta contemporaneamente in 24 province con il coinvolgimento delle Squadre mobili di Ancona, Bergamo, Bologna, Brescia, Cagliari, Catania, Cosenza, Firenze, Forlì-Cesena, Genova, Latina, Mantova, Milano, Padova, Parma, Perugia, Pistoia, Prato, Reggio Emilia, Roma, Siena, Treviso, Udine, Verona e Vicenza. Fondamentale il supporto dei Reparti prevenzione crimine.
Il bilancio complessivo parla di 13 arresti, 31 persone denunciate, 1.942 soggetti identificati, 305 attività commerciali controllate (due delle quali sottoposte a sequestro), 248 veicoli ispezionati, 550 grammi di shaboo sequestrati (circa 5.500 dosi), 29 sanzioni amministrative per un totale di 73.382 euro e 22.825 euro sequestrati in contanti.
Una rete criminale radicata e strutturata – Secondo gli investigatori, i sodalizi criminali cinesi operano con modalità analoghe a quelle delle mafie tradizionali. Le indagini, condotte su impulso dello Sco, hanno fatto emergere gruppi formati spesso da persone appartenenti allo stesso nucleo familiare, uniti da un forte vincolo di appartenenza e attivi soprattutto contro connazionali. Alla base, un rigido codice di omertà e un radicato concetto di vendetta, che può degenerare in vere e proprie faide. Uno dei tratti più inquietanti è la documentata presenza di un’“ala armata” con il compito di compiere intimidazioni e reati violenti, incluso l’uso sistematico delle armi da fuoco. Il controllo del territorio avviene anche attraverso la minaccia fisica e l’uso della forza.
Interessi illeciti condivisi con altri gruppi – Le attività investigative hanno confermato l’esistenza di una fitta rete di “dialoghi criminali” con gruppi di altre nazionalità, compresi italiani, per la spartizione di affari e territori. Tra le attività illecite più remunerative figura l’hawala, un sistema di trasferimento clandestino di denaro che consente di movimentare ingenti somme da un continente all’altro, spesso usato come metodo di pagamento per traffici di droga, migranti e per il riciclaggio.
La doppia offensiva dello Stato – In parallelo con l’operazione della Polizia, la Guardia di finanza ha inferto un ulteriore colpo alla criminalità economica di matrice cinese, sequestrando 741 milioni di euro, chiudendo 266 società cartiere e bloccando 400 conti correnti, nell’ambito di un’indagine che ha smascherato un meccanismo di frode fiscale da 3,4 miliardi di euro con 596 milioni di Iva evasa.
Piantedosi: “Non è un fenomeno locale” – “Oggi è stato inferto un doppio colpo alla criminalità di matrice cinese sul territorio nazionale, con due operazioni straordinarie”, ha dichiarato il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. “La mafia cinese non è un fenomeno locale, ma una realtà criminale transnazionale capace di muovere miliardi e di infiltrarsi nel tessuto economico. La risposta dello Stato è stata netta: indagini di altissimo livello, professionalità e determinazione esemplari a tutela dei cittadini onesti e dell’economia sana del Paese”. IN ALTO IL VIDEO