Simona Cinà, mistero sulla morte: troppi interrogativi dopo la festa in piscina

di Redazione

Una tragedia al momento avvolta nel mistero. Simona Cinà , ventenne pallavolista di Capaci, è stata trovata morta nella piscina di una villetta a Bagheria, nel Palermitano, dove partecipava a una festa di laurea. Era la notte tra venerdì 1 e sabato 2 agosto. Una serata che avrebbe dovuto essere spensierata si è trasformata in un dramma su cui la Procura di Termini Imerese ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo contro ignoti.

Una festa, troppe incongruenze – Secondo quanto ricostruito precedentemente, Simona si trovava con un gruppo di amici in uno spazio esterno affittato per l’occasione, con una piccola piscina e un patio. All’evento, organizzato da due universitari, erano presenti circa ottanta persone. Eppure, il corpo della ragazza sarebbe rimasto in acqua per diversi minuti prima che qualcuno si accorgesse della sua presenza. Troppi, secondo la famiglia Cinà e il loro legale, l’avvocato Gabriele Giambrone , che ha chiesto immediatamente un’autopsia. “Ci sono troppi elementi che non tornano. Nessuno si è accorto di Simona in acqua. La piscina è piccola e piena di gente. Eppure è rimasta lì, a faccia in su”, ha dichiarato il penalista.

La scoperta del corpo – La ragazza è stata trovata già priva di sensi intorno alle ore 4.10. I sanitari del 118, arrivati in una decina di minuti, hanno tentato la rianimazione, ma senza esito. Il corpo, già tirato fuori dalla vasca, presentava segni sul petto compatibili con il massaggio cardiaco. Al momento della scoperta, Simona indossava un costume da bagno. I vestiti che aveva in precedenza – una camicia verde e una gonna di jeans – sono stati sequestrati insieme agli effetti personali.

L’autopsia e l’inchiesta – L’esame autoptico, disposto per martedì 5 agosto all’Istituto di Medicina Legale del Policlinico di Palermo, sarà decisivo per chiarire se la giovane sia morta per un malore, per annegamento o se ci siano altre cause. La villa non è stata sottoposta a sequestro, ma i carabinieri hanno avviato l’acquisizione di testimonianze e materiali, tra cui video e foto.

I sospetti della famiglia – I familiari di Simona parlano di una scena che non li convince. “Non c’era traccia di alcol, solo bottigliette d’acqua. Ma nell’invito si parlava di drink”, sottolinea il padre Luciano Cinà , che aggiunge: “Mia figlia era una sportiva, amava l’acqua. Era un pesce”. A inquietare la famiglia è anche la dinamica della scoperta: “Quando siamo arrivati, il suo corpo era coperto da un telo, ma nessuno ci ha detto nulla. Tutti erano in silenzio. Nessuno ci ha rivolto la parola, nessuno ha espresso cordoglio”, raccontano Roberta e Gabriele , la sorella gemella e il fratello della vittima.

La pista della droga – Non si esclude che qualcuno possa aver messo qualcosa nel bicchiere della ragazza. “Simona era una salutista, non avrebbe mai assunto sostanze volontariamente”, dichiarano i familiari, convinti che possa essere stata drogata a sua insaputa. La procura ha acquisito indumenti e bicchieri rinvenuti sulla scena, tra cui anche mutande da uomo trovate accanto alla piscina. La console usata dal DJ è stata posta sotto sequestro.

La memoria e il dolore – Il mondo della pallavolo piange una giovane atleta appassionata. “Per lei lo sport era tutto”, ricorda Paolo Di Maggio , presidente della “Acds Capacense Volley”, la squadra in cui Simona aveva giocato fino all’anno scorso. “Era solare, determinata, insegnava anche ai più piccoli. Una perdita enorme”. Commozione anche nelle parole delle sue compagne di squadra: “Abbiamo aspettato di trovare le parole giuste, ma nessuna basta per dire quanto fosse speciale. Bella dentro e fuori”.

Le ultime immagini – In uno degli ultimi video pubblicati prima del dramma, Simona ballava sorridente con gli amici sulle note di “Jerusalem”. Indossava quella stessa gonna di jeans e la camicia verde che non sono stati ritrovati al momento. In un’altra clip, rideva con due amiche in bagno, ignara del destino che la attendeva poche ore dopo.

Un silenzio che fa rumore – “Vogliamo sapere cosa è successo”, ripetono come un mantra i genitori Luciano e Giusi, insieme ai figli. Vogliono verità su quei 50 minuti, tra le 3.20 – quando un’amica la lascia alla festa – e le 4.10, quando arriva la chiamata al 112. Troppi buchi, troppe versioni, troppe reticenze. E una giovane vita spezzata, ancora senza risposte.

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