La Procura generale alza nuovamente la voce sul caso Garlasco. Con un ricorso depositato in Cassazione, chiede la revoca della misura di semilibertà concessa ad Alberto Stasi, condannato in via definitiva a 16 anni per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi, avvenuto nel 2007.
Al centro del nuovo contenzioso tra procura e giudici di Sorveglianza c’è un’intervista rilasciata da Stasi al programma “Le Iene”, registrata lo scorso 22 marzo durante un permesso per ricongiungimento familiare. Secondo l’accusa, l’ex studente della Bocconi non avrebbe chiesto l’autorizzazione al magistrato di Sorveglianza, contravvenendo alle prescrizioni imposte durante i permessi. Una mancanza che, per la Procura generale, avrebbe dovuto incidere sulla valutazione di merito dei giudici.
Il ricorso è stato presentato dall’ufficio guidato dalla dottoressa Francesca Nanni, attraverso la sostituta procuratrice generale Valeria Marino, che già lo scorso 9 aprile, in udienza, aveva chiesto il rigetto dell’istanza di semilibertà. Una posizione rimasta ferma anche dopo il parere favorevole espresso dai giudici della Sorveglianza, che avevano accolto la richiesta di Stasi il successivo 11 aprile.
Il provvedimento consente a Stasi, dal 28 aprile, di lasciare il carcere di Bollate ogni mattina per rientrare la sera, ampliando il regime già concesso nel 2023, che prevedeva il solo “lavoro esterno” come contabile in un’azienda milanese.
A sostegno della decisione dei giudici, le relazioni dell’equipe carceraria: tutte positive. Nella motivazione, i magistrati (tra cui Caffarena e Gentile) avevano sottolineato come il detenuto, sebbene continui a dichiararsi innocente, abbia mostrato “un comportamento in linea con l’accettazione della condanna” e abbia “sempre manifestato empatia e sofferenza verso la vittima”.
Una lettura che la Procura generale contesta, ritenendo che l’intervista rilasciata senza autorizzazione non sia compatibile con il regime di semilibertà. A fare da contraltare alla tesi accusatoria, c’è però il rapporto ufficiale firmato dal direttore del carcere di Bollate, Giorgio Leggieri, che certifica come la registrazione dell’intervista sia avvenuta durante il permesso premio e che “non si sono rilevate, pertanto, infrazioni alle prescrizioni”.
Una posizione condivisa anche dal legale di Stasi, avvocato Giada Bocellari, che replica con fermezza al ricorso in Cassazione: «Siamo tranquillissimi per la questione dell’intervista, già ampiamente chiarita dal carcere e dal Tribunale di Sorveglianza». Poi aggiunge: «Se mai avesse violato qualche prescrizione, avrebbero dovuto revocargli il lavoro esterno e non negargli la semilibertà. Vi è anche un problema di norme di riferimento nel ricorso presentato dalla Procura generale, che evidentemente ha ritenuto di perseguire la linea già paventata in udienza l’aprile scorso».
Ora spetterà alla Suprema Corte valutare se l’intervista possa davvero rappresentare una violazione tale da giustificare la revoca del beneficio. Nel frattempo, Stasi – in carcere da dieci anni, dopo la condanna definitiva del 2015 – potrebbe avanzare la richiesta di affidamento in prova ai servizi sociali, ulteriore tappa di un percorso penitenziario ancora sotto i riflettori dell’opinione pubblica.