Castel Volturno (Caserta) – La stenosi del collo vescicale è un restringimento anomalo della porzione di vescica che si collega all’uretra. Questa condizione, spesso conseguenza di prostatiti ripetute o croniche, è più frequente di quanto si pensi: negli uomini sotto i 50 anni che presentano difficoltà a urinare, minzione frequente o dolorosa può essere rilevata in oltre il 50% dei casi. Se non trattata, la stenosi del collo vescicale può causare difficoltà minzionali, svuotamento incompleto della vescica, infezioni ricorrenti e, nel lungo periodo, danni irreversibili alla muscolatura vescicale, compromettendo la qualità di vita già in giovane età.
Il dottor Donato Dente, primario dell’unità operativa di Urologia robotica ed endoscopica presso il Pineta Grande Hospital di Castel Volturno, è tra i primi specialisti campani e italiani ad aver contribuito all’esperienza clinica per un nuovo dispositivo mininvasivo che rappresenta un’opzione per i pazienti giovani affetti da questa condizione. “Ho iniziato a utilizzare iTind dopo anni di esperienza con il laser, soprattutto per rispondere alle esigenze di quei pazienti che rifiutano il rischio di eiaculazione retrograda associato a trattamenti più invasivi”.
iTind trova, infatti, la sua indicazione nei pazienti giovani, tra i 18 e i 40 anni, che presentano un restringimento del collo vescicale, frequentemente conseguenza di prostatiti acute ripetute o croniche, che nel tempo possono irrigidire il tessuto vescicale, compromettendone l’elasticità. “Questo dispositivo – spiega il dottor Dente – permette di trattare una precisa popolazione di pazienti che va identificata attraverso esami adeguati e counselling dell’urologo: si tratta di ragazzi e giovani uomini che vogliono migliorare i sintomi urinari dovuti alla stenosi mantenendo un’eiaculazione normale e che, se non trattati, rischiano di compromettere la funzionalità della loro vescica. Abbiamo quindi un’opzione aggiuntiva nello spettro dei trattamenti disponibili il cui obiettivo è preservare il più possibile la funzionalità della vescica, evitando che un giovane si ritrovi già in giovane età con una vescica compromessa per anni di sforzi”.
IL DISPOSITIVO iTIND – Fondamentale, prima dell’impianto, una diagnosi accurata di stenosi del collo vescicale tramite cistoscopia e uroflussimetria, strumenti utili per identificare i pazienti che possono trarre reale beneficio dal trattamento con iTind, realizzato in nitinol, una lega di nichel e titanio con memoria di forma, capace cioè di mantenere e recuperare la sua forma originale anche dopo essere stato deformato. Viene inserito ripiegato tramite una sonda attraverso l’uretra e si apre a “ombrello” all’interno dell’uretra prostatica. La procedura d’inserimento, in anestesia locale o lieve sedazione, dura 5-10 minuti e il paziente può tornare a casa poco dopo. Il dispositivo rimane in posizione per 5-7 giorni, esercitando una compressione meccanica che rimodella i tessuti prostatici e del collo della vescica, ricreando delicatamente i canali per consentire la fuoriuscita fisiologica dell’urina. Viene poi rimosso in ambulatorio, senza richiedere un catetere. Studi clinici peer-reviewed hanno confermato la sicurezza e l’efficacia del dispositivo, con risultati positivi fino a 6,6 anni dopo il trattamento.
LE OPZIONI DI TRATTAMENTO: COME SONO CAMBIATE? – Oggi le opzioni terapeutiche per i sintomi urinari sono numerose e variano per invasività. Nei casi lievi si può optare per la “vigile attesa”, monitorando i sintomi e adottando uno stile di vita sano. Quando serve un intervento farmacologico, spesso si ricorre ad alfa-bloccanti per rilassare i muscoli e facilitare la minzione, o a inibitori della alfa-riduttasi per ridurre il volume prostatico, pur con possibili effetti collaterali. Negli ultimi anni sono state introdotte anche soluzioni mininvasive come impianti metallici e stent prostatici temporanei, impiantabili in leggera sedazione senza l’utilizzo di cateteri. Questi dispositivi, progettati per essere rimossi dopo un breve periodo di permanenza, consentono di ripristinare il flusso urinario senza alterare in modo permanente l’anatomia prostatica, con un impatto minimo sulla qualità della vita e la possibilità di mantenere la funzione eiaculatoria. Accanto a queste opzioni, sono disponibili anche termoterapie che sfruttano calore (radiofrequenze, microonde, vapore) e tecniche laser, che riducono il rischio di sanguinamento rispetto alla chirurgia tradizionale. Nei casi avanzati, con ipertrofia della prostata, la HoLEP (adenomectomia protastica trans uretrale con laser ad holmio) resta il “gold standard” per risultati a lungo termine. La scelta del trattamento dipende dalla gravità dei sintomi, dal volume della prostata, dall’età e dalle condizioni generali del paziente. È fondamentale affidarsi allo specialista in urologia per individuare la soluzione più adatta, valutando attentamente la storia clinica, rischi, benefici e tempi di recupero.

