Una campagna aerea contro obiettivi in Venezuela è sul tavolo della Casa Bianca. L’amministrazione di Donald Trump ha individuato una lista di target nell’alveo della “lotta al narcotraffico”, che includerebbe anche infrastrutture sotto controllo delle forze armate di Caracas. L’operazione, ancora senza via libera definitivo, punterebbe a spezzare i legami tra i cartelli della droga e il regime di Nicolas Maduro, colpendo snodi ritenuti cruciali per il transito della cocaina sudamericana.
Le fonti e lo scenario – Il Miami Herald riferisce, citando fonti informate, che Trump avrebbe già deciso di attaccare siti militari in Venezuela e che i raid sarebbero imminenti. Il Wall Street Journal, che cita funzionari statunitensi, conferma l’individuazione di obiettivi – tra cui strutture e aeroporti militari sospettati di favorire il traffico di droga – ma sottolinea che il presidente non avrebbe ancora preso la decisione finale sull’invio del “messaggio” a Maduro: farsi da parte.
La condanna dell’Onu – Le precedenti azioni militari Usa contro i narcos sono state condannate dall’Onu. “Sono inaccettabili. Gli Stati Uniti devono fermarli e prendere tutte le misure necessarie per prevenire esecuzioni extragiudiziali di persone a bordo di queste imbarcazioni, indipendentemente dai reati penali di cui sono accusati”, ha affermato l’Alto Commissario per i diritti umani, Volker Türk.
Target e obiettivi – Nel mirino potrebbero finire porti, scali e infrastrutture gestiti dall’esercito venezuelano, considerati nodi delle rotte della coca colombiana. Washington continua a indicare Maduro come vertice di un’organizzazione criminale che “inonda” di stupefacenti gli Stati Uniti; accusa sempre respinta dal leader di Caracas.
Fentanyl: il nodo che non porta a Caracas – Uno degli obiettivi dichiarati del secondo mandato di Trump è fermare il flusso di fentanyl verso gli Usa. Ma, come ricordano esperti interpellati dal WSJ, la sostanza è prodotta in Messico con precursori provenienti dalla Cina; non risultano prove del coinvolgimento del Venezuela nella produzione o nel traffico di fentanyl.
Maduro: “Abbattuti dirigibili narcos” – Mentre minaccia una difesa a oltranza del Paese, Maduro prova a marcare la distanza dai narcos. Ha annunciato che le forze di Caracas hanno intercettato e abbattuto tre dirigibili utilizzati da presunti trafficanti e che l’esercito (Fanb) ha distrutto due accampamenti nella regione amazzonica meridionale.
La proiezione militare Usa – Washington ha dispiegato nel mar dei Caraibi una potenza navale e aerea senza precedenti recenti. In area operano la portaerei USS Gerald R. Ford, con capacità di impiego di missili da crociera Tomahawk, caccia F/A-18 e aerei da guerra elettronica EA-18 Growler; sono attive missioni di ricognizione con bombardieri B-52 e B-1. In teatro anche la nave lanciamissili USS Gravely e un’unità di marines. Trump ha inoltre ammesso di aver autorizzato la Cia a condurre “azioni sotto copertura” in Venezuela.
Il cartello dei Soles e l’ipotesi decapitazione – Secondo le fonti citate, il piano di attacco mira a “decapitare” la gerarchia del cartello della droga dei Soles, che gli Stati Uniti ritengono guidato da Maduro e gestito da figure di primo piano del regime. I funzionari stimano esportazioni pari a circa 500 tonnellate di cocaina l’anno verso Europa e Stati Uniti. “Maduro sta per ritrovarsi intrappolato e potrebbe presto scoprire di non poter fuggire dal Paese, anche se decidesse di farlo”, ha detto una fonte, “quel che è peggio per lui è che ora c’è più di un generale disposto a catturarlo e consegnarlo, pienamente consapevole che una cosa è parlare di morte, un’altra è vederla arrivare”.
I rischi di escalation – Un attacco diretto non sarebbe privo di rischi: le forze armate venezuelane dispongono di sistemi di difesa aerea russi S-300 e di circa 5mila missili portatili Igla-S. Un confronto aperto metterebbe alla prova anche i “super bombardieri” Usa.
Brasile e dossier sul Comando Vermelho – A complicare il quadro, armi dell’esercito venezuelano sarebbero finite nelle mani del Comando Vermelho nelle favelas di Penha e Alemao, dove la polizia di Rio ha condotto un’operazione sanguinosa ordinata dal governatore Claudio Castro. La decisione sarebbe seguita a un dossier statunitense che indica il gruppo come organizzazione terroristica con ramificazioni negli Usa e con roccaforti a Penha e Alemao, mossa compiuta senza informare l’esecutivo di Lula.
 
														
