La Corte d’Appello di Napoli ha confermato la condanna nei confronti di Giovanni Cellurale, esponente del clan dei Casalesi, per le minacce di morte rivolte alla direttrice dei quotidiani Cronache di Napoli e Cronache di Caserta e del portale cronachedi.it, Maria Bertone. La prima sezione penale, presieduta da Daniela Critelli, ha rigettato l’appello del 51enne di Aversa, già condannato all’ergastolo per omicidio, riconoscendo la gravità delle intimidazioni aggravate dal metodo mafioso.
La condanna – In primo grado, la Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere aveva inflitto a Cellurale un anno e sei mesi di reclusione, la pena massima prevista per il reato di minacce aggravate. La decisione accoglieva la richiesta del pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, Fabrizio Vanorio. Nel processo, Bertone è stata assistita dall’avvocato Gennaro Razzino, mentre si sono costituite parti civili la cooperativa Libra, che edita Cronache, e l’Ordine dei Giornalisti della Campania, presieduto da Ottavio Lucarelli.
La lettera dal carcere – Le minacce risalgono all’agosto del 2021. All’epoca, Cellurale, detenuto nel carcere di Palermo, inviò una lettera manoscritta alla redazione di Cronache. Una nota firmata con il suo nome, cognome e data di nascita, dal contenuto crudo e violento: «Sai – scriveva – ti stavo pensando. Spero di vero cuore che al più presto uscirò, così ti faccio saltare in aria. Ora lo dico a tutti, che se qualcuno esce prima di me ti deve sparare 10 colpi tutti in bocca, a te e a tutta la tua razza di merda. Ti giuro che il giorno che uscirò ti vengo a sparare in bocca».
Il contesto camorristico – Il 51enne è ritenuto parte della fazione Caterino di Cesa, legata al boss Francesco Bidognetti, alias “Cicciotto ’e Mezzanotte”. Durante la requisitoria, il pm Vanorio aveva definito le frasi del detenuto «gravissime e riconducibili al linguaggio tipico delle organizzazioni mafiose», aggravate dalla provenienza di un uomo già condannato all’ergastolo per omicidio. L’avvocato Razzino aveva sottolineato, durante il dibattimento, «il coraggio della direttrice Bertone, che ha voluto essere presente in udienza e guardare in volto l’autore delle minacce».
Il commento della direttrice – «Si chiude, finalmente, una vicenda cominciata nel 2021. Una storia che mi ha toccata nel profondo come donna, come giornalista, come cittadina», ha commentato Bertone dopo la sentenza, raccontando: «Il timbro del carcere, la grafia irregolare, le parole intrise di rabbia e disprezzo: una copia di quella lettera la conservo ancora, mi ricorda esattamente ciò che è stato e ciò che va fatto. Una sentenza non restituisce la serenità, ma restituisce certamente giustizia. Non solo a me, ma a tutti noi che crediamo nella libertà di informare e di essere informati». La giornalista ha aggiunto: «Fa uno strano effetto – lo confesso – vedere un pezzo della propria vita trasformato in un atto dello Stato. Quelle parole, quelle minacce, sono state scritte per farmi tacere, per intimidire chi, come me, ogni giorno lavora per raccontare fatti scomodi, verità difficili, storie che a qualcuno conviene restino nell’ombra. Ma la paura, se la riconosci e la guardi in faccia, può diventare forza. E questa forza, io l’ho trovata nel mio lavoro, nella mia redazione, e nei tanti colleghi che non si sono voltati dall’altra parte».
La libertà di stampa – «Nessuno può permettersi di imbavagliare l’informazione. – ha proseguito Bertone – Nessuno può pensare di zittire la stampa con la minaccia, con la violenza o con l’arroganza di chi crede che il potere criminale valga più della verità. Questa non è solo una vittoria personale, ma collettiva: un segnale che lo Stato è presente e riconosce la gravità di un gesto mafioso che tenta di colpire al cuore la libertà di stampa». Il messaggio si chiude con un appello diretto ai colleghi: «Denunciate. Sempre. Non lasciate che la paura diventi silenzio. Nessuna minaccia, nessun ricatto, nessuna paura può valere quanto la dignità del nostro lavoro e la verità che portiamo ai lettori. Quando il giornalismo tace, la democrazia si spegne».
La solidarietà dell’Ordine – «La conferma in Appello della condanna per le minacce di morte rivolte a Maria Bertone è una buona notizia non solo per lei e per la redazione di Cronache, ma per tutto il mondo dell’informazione e per la società civile», ha dichiarato Ottavio Lucarelli, presidente dell’Ordine dei giornalisti campani.