‘Ndrangheta in Emilia, il boss Carmine Sarcone condannato in via definitiva

di Redazione

Un provvedimento che chiude un capitolo cruciale dell’inchiesta sulla ’ndrangheta emiliana. Il Nucleo Investigativo del comando provinciale dei carabinieri di Modena e il centro operativo della Direzione investigativa antimafia di Bologna, su delega della Procura Generale felsinea, hanno notificato l’ordine di esecuzione pena a Carmine Sarcone, condannato in via definitiva a 8 anni e 4 mesi nel processo Perseverance per associazione di tipo mafioso e trasferimento fraudolento di valori aggravato dall’agevolazione mafiosa.

La reggenza del clan – Il profilo di Sarcone era già emerso nell’operazione Aemilia, che aveva portato alle condanne dei fratelli Nicolino e Gianluigi. Con il loro arresto, secondo inquirenti e investigatori, proprio Carmine Sarcone avrebbe assunto la reggenza del sodalizio collegato alla cosca Grande Aracri di Cutro, gestendo patrimonio illecito, investimenti e attività imprenditoriali intestate a prestanome. Al momento dell’arresto era sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza.

Le sentenze e lo stop della Cassazione – Il sodalizio ’ndranghetistico emiliano è stato recentemente riconosciuto dalle sentenze Aemilia e Grimilde. La Suprema Corte ha respinto il ricorso della difesa contro la sentenza bis della Corte d’Appello di Bologna dell’11 marzo 2024, rendendo definitiva la condanna a 8 anni e 4 mesi per Sarcone. Il giudizio è stato celebrato con rito abbreviato; per i giudici, l’imputato è responsabile del reato di associazione mafiosa. Il ricorso di Sarcone era stato presentato dagli avvocati Stefano Vezzadini e Salvatore Staiano, ma non ha superato il vaglio della Cassazione.

Le indagini e il vertice in Emilia-Romagna – Le attività investigative, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Bologna e seguite dalla pubblica ministera Beatrice Ronchi, hanno delineato Sarcone al vertice della struttura emiliana tra il 2015 e il 2018, periodo in cui i fratelli erano già detenuti a seguito del maxiprocesso Aemilia.

I riscontri dei collaboratori – A rafforzare il quadro accusatorio sono state le dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia coinvolti in Aemilia: Antonio Valerio, Giuseppe Giglio e Salvatore Muto, che hanno confermato il ruolo di vertice assunto da Sarcone durante la riorganizzazione della consorteria in Emilia. Quando i militari hanno dato esecuzione all’ordine di carcerazione, il suo nome era da tempo nel mirino degli investigatori, già emerso – come quello dei fratelli – nell’operazione Aemilia. IN ALTO IL VIDEO

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