Violenze carcere Santa Maria CV: condannato viceispettore Penitenziaria: “Pressioni su detenuti per farli ritrattare”

di Redazione

Una condanna pesante, che affonda le radici nei drammatici fatti del 6 aprile 2020 nel Reparto Nilo della casa circondariale “Francesco Uccella” di Santa Maria Capua Vetere (Caserta). A distanza di oltre cinque anni, il giudice monocratico del Tribunale sammaritano ha emesso una sentenza di condanna a quattro anni di reclusione nei confronti di un viceispettore della Polizia Penitenziaria, riconosciuto colpevole del reato di intralcio alla giustizia.

La vicenda giudiziaria riguarda una fase successiva all’apertura delle indagini sui pestaggi avvenuti nell’istituto di pena campano. Secondo quanto emerso nel corso del processo, l’imputato – che aveva partecipato attivamente alle condotte violente del 6 aprile 2020 – avrebbe approfittato della sua permanenza in servizio presso la struttura per mettere in atto una serie di pressioni indebite su due detenuti, già sentiti durante le indagini preliminari.

Un’azione subdola e pianificata, realizzata, secondo la ricostruzione della Procura, con l’ausilio di altri agenti rimasti non identificati. I due detenuti, ascoltati di recente in aula, hanno riferito che il coordinatore della sorveglianza generale si era avvicinato a loro “affinché rendessero dichiarazioni in suo favore, ritrattando quanto precedentemente riferito all’autorità giudiziaria”.

L’obiettivo era chiaro: “indurli a ritrattare e/o modificare gli elementi a suo carico”, arrivando perfino – come riportato nella sentenza – a spingerli a fornire “false dichiarazioni liberatorie” nell’ambito delle indagini e del procedimento penale. Una strategia di depistaggio basata su violenza psicologica e minacce implicite, che ha convinto gli inquirenti della gravità delle condotte.

Già il 31 gennaio 2022, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere aveva disposto, accogliendo le richieste della Procura, la sospensione dell’imputato dall’esercizio del pubblico ufficio per sei mesi, riconoscendo “gravi indizi di colpevolezza” in merito all’articolo 377 del Codice Penale – reato di intralcio alla giustizia, aggravato.

Il processo si è concluso il 29 maggio scorso con la condanna in primo grado a quattro anni di reclusione. Una sentenza che conferma la volontà di fare piena luce su quanto accaduto in quel drammatico 6 aprile e su tutti i tentativi successivi di occultarne le responsabilità.

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