Polizia sgomina rete internazionale di riciclaggio: 8 arresti tra imprenditori italiani e cinesi

di Redazione

Una vera e propria “banca parallela”, nascosta sotto il pavimento di una casa nel Padovano, in cui scorrevano fiumi di denaro contante destinati alla Cina. È il cuore dell’inchiesta Tesori d’Oriente, che ha portato all’arresto di otto persone – cinque di nazionalità cinese e tre italiane – accusate di associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio e al trasferimento fraudolento di capitali all’estero.

L’operazione, coordinata dalla Procura della Repubblica di Treviso e condotta dalla Squadra Mobile locale, ha preso avvio nel novembre 2024 ed è culminata lo scorso aprile con l’esecuzione delle misure cautelari: sette in carcere e una agli arresti domiciliari. Il gruppo, secondo quanto ricostruito dagli investigatori, aveva creato un sistema ramificato e ben collaudato per raccogliere denaro contante, principalmente tra le province di Treviso e Padova, ma con diramazioni anche in altre aree del Veneto, in Friuli Venezia Giulia e in Emilia Romagna.

A consegnare il denaro erano in gran parte commercianti cinesi, titolari di attività sia lecite – come bar, bazar, ristoranti e negozi di abbigliamento – sia illecite, in particolare centri massaggi dove, secondo gli inquirenti, veniva favorita o sfruttata la prostituzione. I contanti, trattenuta una percentuale per la “commissione”, venivano poi trasferiti su conti correnti in Cina, sfruttando un complesso meccanismo di fatture false, bonifici simulati e l’uso di applicazioni considerate di difficile tracciabilità, come Wechat Pay e Alipay.

Il denaro, dopo la raccolta, confluiva in un’abitazione di Solesino, nel Padovano, dove veniva occultato in un vano ricavato sotto il pavimento. Da lì, attraverso passaggi intermedi e imprenditori italiani compiacenti – attivi nel settore del recupero e smaltimento di materiali ferrosi – prendeva la via dell’estero. «Non si tratta solo di riciclaggio – ha spiegato il dirigente della Squadra mobile di Treviso, Luca Lovero – ma di una vera e propria banca parallela con regole proprie, che si muove al di fuori di qualsiasi controllo».

Tra gli arrestati figurano due fratelli residenti a Solesino, un uomo di Monselice, uno di Bologna e una donna di Treviso, tutti di origine cinese. Gli italiani coinvolti – di età compresa tra i 36 e i 66 anni – sono imprenditori con base nel Nord Italia, che fornivano il supporto operativo per il trasferimento del denaro, camuffandolo attraverso fittizie operazioni commerciali.

Durante le perquisizioni, effettuate nelle province di Treviso, Padova, Vicenza e Bologna, sono stati sequestrati circa 200mila euro in contanti, diversi smartphone e un’autovettura dotata di doppiofondo, utilizzata per il trasporto sicuro del denaro. In un episodio, uno degli indagati è stato fermato al confine con la Slovenia mentre tentava di raggiungere i Balcani: oltre all’accusa di riciclaggio, per lui si ipotizza anche l’esercizio abusivo dell’attività di servizi di pagamento. Le attività di polizia sono state condotte con il supporto delle Squadre mobili delle province coinvolte, del Reparto Prevenzione Crimine “Veneto” e delle unità cinofile della Guardia di Finanza specializzate nella ricerca di denaro contante.

L’indagine ha portato alla luce un sistema criminale capillare, alimentato da una rete imprenditoriale che operava nell’ombra, annullando i confini tra legalità e malaffare. Non si esclude che l’inchiesta possa estendersi ulteriormente: sono in corso approfondimenti su possibili connessioni con aziende italiane che, secondo una seconda ipotesi investigativa, avrebbero ricevuto il denaro contante per poi mascherarne l’origine con operazioni fittizie verso l’estero. Un’ulteriore pista che potrebbe allargare ancora il raggio della “banca sommersa” scoperta nel cuore del Nordest. IN ALTO IL VIDEO

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