Crisi India-Pakistan, missili su tre città: 34 morti e rischio escalation

di Redazione

Un nuovo e drammatico capitolo si è aperto nel conflitto tra India e Pakistan, con conseguenze che potrebbero estendersi ben oltre i confini del subcontinente asiatico. Nelle prime ore di oggi, Nuova Delhi ha lanciato l’“Operazione Sindoor”, colpendo con missili tre città pachistane – Kotli, Bahawalpur e Muzaffarabad – con l’obiettivo dichiarato di distruggere nove presunte basi terroristiche. Il bilancio, ancora provvisorio, è già pesantissimo: almeno 26 civili uccisi, fra cui due bambine di tre anni, e 46 feriti.

Le autorità militari indiane hanno descritto l’azione come “mirata, misurata e priva di intenzioni escalationistiche”, precisando che nessuna struttura militare sarebbe stata colpita. Tuttavia, tra i bersagli figura una moschea a Bahawalpur, dove – secondo il portavoce dell’esercito pakistano, tenente generale Ahmed Chaudhry – sono morte 13 persone. Tra le vittime, le due bambine, le cui immagini stanno scuotendo l’opinione pubblica internazionale. Sarebbe stato inoltre danneggiato il progetto idroelettrico di Neelum Jhelum, nel Kashmir pakistano, sollevando interrogativi sulla liceità di colpire infrastrutture civili critiche.

Immediata la risposta di Islamabad, che ha autorizzato le proprie forze armate a lanciare “azioni corrispondenti”. “Abbiamo tutto il diritto di rispondere con forza a questo atto di guerra”, ha dichiarato il primo ministro Shehbaz Sharif, che ha evocato l’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite per giustificare un’azione di legittima difesa. Le prime rappresaglie non si sono fatte attendere: pesanti scambi di artiglieria hanno interessato la Linea di Controllo, il confine de facto tra i due Paesi nel Kashmir conteso, dove otto persone sono morte e almeno 35 sono rimaste ferite secondo fonti indiane.

La situazione è aggravata dalle tensioni pregresse, già alte dopo l’attentato del 22 aprile a Pahalgam, in Kashmir indiano, che ha causato la morte di 26 persone, per lo più turisti. Nuova Delhi accusa Islamabad di essere dietro l’attacco, accusa rigettata con forza dal governo pakistano, che ha chiesto l’apertura di un’inchiesta internazionale.

L’escalation ha avuto effetti anche sul traffico aereo: quasi 200 voli cancellati nel nordovest dell’India, inclusi quelli da e per Srinagar, capitale del Kashmir indiano. Alcuni voli internazionali diretti ad Amritsar sono stati dirottati su New Delhi.

La comunità internazionale segue con crescente preoccupazione. Iran, Cina e Stati Uniti hanno chiesto alle due potenze nucleari di evitare ulteriori provocazioni. Pechino ha espresso “rammarico per l’azione militare dell’India” e ha ricordato che “India e Pakistan sono vicini che non possono essere separati”. Anche l’Onu, per voce del portavoce del segretario generale Antonio Guterres, ha ribadito che “il mondo non può permettersi uno scontro militare tra India e Pakistan”. Sulla stessa linea Marco Rubio, segretario di Stato americano, che ha invitato i due governi a “disinnescare la crisi”.

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