Promesse di una vita migliore, la prospettiva di un lavoro regolare in Italia. Invece, ad attenderli, c’era solo la strada, la schiavitù, la violenza. È quanto emerso dall’operazione condotta dalla Polizia di Stato di Torino che, su disposizione della Procura della Repubblica, ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di cinque cittadini brasiliani, accusati di associazione per delinquere finalizzata alla tratta di esseri umani, con l’aggravante dello sfruttamento della prostituzione.
L’inchiesta, avviata nel settembre 2024 dalla Squadra Mobile torinese con il supporto del Servizio Centrale Operativo, ha smascherato un’organizzazione criminale radicata nel territorio piemontese e dedita al reclutamento e allo sfruttamento di transessuali brasiliani. Vittime ingannate con la promessa di un impiego regolare, che una volta giunte in Italia si ritrovavano intrappolate in un incubo di soprusi e coercizioni.
Fondamentale, nel corso delle indagini, la cooperazione internazionale avviata attraverso il Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia, con il contributo delle autorità brasiliane e nell’ambito del progetto Interpol “EL PAcCTO 2.0”, che ha consentito di ricostruire l’intero meccanismo di reclutamento. Le vittime venivano adescate in patria da soggetti collegati all’associazione ma non direttamente coinvolti tra gli arrestati.
Una volta arrivate a Torino, per le persone reclutate si aprivano le porte di una vera e propria prigionia: sottratti i passaporti – con la scusa che sarebbero stati restituiti solo a debito estinto – le vittime erano costrette a prostituirsi, senza possibilità di scelta o via di fuga. Ogni guadagno finiva nelle mani dei loro sfruttatori.
Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, al vertice della rete ci sarebbe una famiglia di connazionali delle vittime. I due promotori, marito e moglie, gestivano l’organizzazione, assegnando alle ragazze gli alloggi e stabilendo le regole di un controllo asfissiante. Pretendevano dalle vittime il pagamento di un affitto per le abitazioni e persino una quota per il “posto” occupato in strada. Tutti gli introiti della prostituzione finivano nelle loro tasche.
Il padre di uno dei due coniugi si occupava della logistica: faceva la spesa, acquistava abiti per le transessuali, le accompagnava sul luogo della prostituzione e, a fine giornata, riscuoteva il denaro guadagnato. La madre, invece, provvedeva alla preparazione dei pasti, il cui costo veniva comunque scalato dai “debiti” accumulati dalle vittime.
A rendere ancora più soffocante la rete di controllo, la presenza di una delle transessuali, divenuta esecutrice delle direttive dei capi dell’organizzazione. A lei spettava il compito di sorvegliare costantemente le altre ragazze, impartendo ordini e – quando necessario – ricorrendo anche alla violenza per mantenere la disciplina.
Durante l’operazione, eseguita lo scorso 15 aprile e resa nota oggi, la polizia ha effettuato perquisizioni personali e domiciliari. Sequestrati i passaporti delle vittime, migliaia di euro in contanti, computer e telefoni cellulari ora al vaglio degli inquirenti per ulteriori accertamenti. IN ALTO IL VIDEO