Teverola, il monumento ai Caduti e “Il mistero della bombarda smarrita”

di Redazione

Teverola (Caserta) – di Giovanni Morra – La piccola comunità di Teverola fu artefice in passato di una manifestazione di civiltà e solidarietà di tale rilevanza e prestigio da diventare modello di riferimento per l’intera regione. Di quell’evento, che dovrebbe essere motivo di orgoglio e vanto per tutti noi Teverolesi, si è perso ormai memoria. Restano, però, testimonianze scritte che rendono mirabilmente il clima e la febbrile atmosfera di quei momenti, facendoli rivivere come allora. – continua sotto – 

Per scoprire di quale avvenimento si tratti, immaginiamo di portarci nella nostra via Cavour in una nitida giornata di fine gennaio di molti decenni fa e osserviamo lo spettacolo che si offre dinanzi ai nostri occhi: “Ai lati della piccola piazzetta sono erette due vaste ed eleganti tribune, artisticamente adorne di festoni, arazzi, gonfaloni. L’ora fissata per…, è ancora lontana e per l’ampia Strada Cavour si circola a stento, gli invitati arrivano numerosissimi ed i componenti del Comitato, attivissimi durante tutta la mattinata, si debbono addirittura centuplicare per fare degnamente gli onori di casa. Arrivano le varie rappresentanze di Comuni, enti, associazioni colle rispettive bandiere. Una compagnia di allievi della R. Guardia si dispone in due cordoni, bloccando la piazzetta in cui man mano entrano gli invitati. Lo spettacolo è davvero magnifico! La folla immensa accorsa dai paesi vicini…”. – continua sotto – 

Si capisce, da tutti questi preparativi in pompa magna, che sta per avvenire qualcosa di importante. Di che si tratta? Siamo nel 30 gennaio del 1921, la Grande Guerra era finita da poco più di due anni e i Teverolesi di allora, nostri antenati, si apprestavano ad inaugurare, cosa davvero incredibile, il primo monumento ai caduti della Regione, che risultava essere, addirittura, il terzo in Italia. Tale successo ci pose al centro dell’ammirazione di tutto il territorio campano, e non solo, come vedremo dai documenti del tempo. Non vi sembra abbastanza per esserne orgogliosi? – continua sotto – 

Ma vediamo come è avvenuto questo “miracolo”, quali erano le condizioni storiche e quale substrato sociale, culturale e politico l’ha consentito. Teverola era diventata Comune autonomo fin dall’Unità d’Italia del 1861, e questo per interessamento del Cavalier Luigi Colella che, dopo essersi adoperato per ottenerne il riconoscimento, diventò egli stesso primo sindaco del paese. Alla sua morte (1888) la guida amministrativa passò al figlio Carmine che alternò i suoi due mandati, di sindaco e di podestà, con quelli di Salvatore Nugnes seniorLuciano Chirico senior. Teverola, a differenza di quasi tutti i comuni viciniori, poteva contare, al tempo, su una cospicua classe dirigente, costituita da valenti e stimati professionisti e imprenditori, la cui ascendenza andava bene oltre i confini territoriali. Si poteva incidere efficacemente presso gli Enti sovracomunali per attivare progetti rivolti a dotare il paese di edifici pubblici e di infrastrutture necessarie all’abitato. In quel periodo furono realizzati, infatti, oltre alla scuola elementare che ospitava anche la casa comunale, nuove strade, fogne, pavimentazioni stradali, l’illuminazione elettrica. Furono costruiti anche diversi edifici privati di un certo pregio architettonico che elevarono il decoro e l’aspetto cittadino. – continua sotto – 

E in questo clima fecondo maturò anche l’idea di adornare la piazza di un monumento che rendesse onore ai caduti per la Patria e ricordasse ai posteri il loro sacrificio. Al momento era sindaco Salvatore Nugnes senior che diede un notevole contributo al successo dell’iniziativa, ma l’ideatore e lo spirito animatore del progetto fu Paolo Colella, fratello di Carmine. Egli incitò i cittadini di Teverola a contribuire, ciascuno secondo le proprie possibilità, alla raccolta di fondi e “Il paese rispose con slancio e la sottoscrizione raggiunse subito una bella cifra”. Quindi, si formò un comitato che scelse per Presidente effettivo il signor Nicola Pecorario e per segretario-cassiere lo stesso Paolo Colella (nomi che ci sono familiari, oggi, per le strade che sono loro intestate). – continua sotto – 

Il Comitato “subito si mise all’opera per la scelta e l’adattamento del posto in cui il monumento avrebbe dovuto sorgere, per la scelta del bozzetto e per l’esazione dei fondi. Piacque il bozzetto presentato dallo scultore Cavalier Domenico Pellegrino, e poiché il paese non possedeva alcuna piazza, fu deciso che il monumento fosse eretto nel mezzo della bella e larga Via Cavour. A tal uopo, nel punto prescelto, furono eseguiti dei lavori di sistemazione facendo rientrare, ad archi di cerchio e per un tratto di quindici metri circa, gli spigoli dei marciapiedi. In tal guisa si ottenne, in quel punto, l’espressione di una vera piazzetta circolare”. – continua sotto – 

Non si può fare a meno di rilevare, a questo punto, come sia stato sbagliato alterare, con i lavori effettuati in tempi recenti, la conformazione della “piazzetta” che, attraverso uno schema geometrico radiocentrico, si integrava col monumento in una simbiosi urbanistica perfetta. L’artista incaricato, Domenico Pellegrino, di origini calabresi (Reggio Calabria 1873 – post 1930), era attivo a Napoli, al fianco di Francesco Jerace, nella decorazione plastica della facciata del Duomo e nella sistemazione scultorea dell’atrio del palazzo dell’Università Federico II.  Nella Villa Comunale di Napoli si erge il pregevole “Busto di Luigi Settembrini” da lui scolpito. Durante la realizzazione del monumento soggiornò a Teverola, ospite della famiglia Colella. L’opera, finita e posta in loco, venne a costare, compresi i lavori di sistemazione della piazza, in totale, 19.470,5 lire, di cui 12mila andarono come compenso allo scultore; un po’ troppi, per la verità, ma questo fa capire, anche, che godeva di un certo prestigio. – continua sotto – 

Nel documento, da cui ho attinto le informazioni, sono riportate, analiticamente, tutte le spese effettuate e gli introiti percepiti, con l’elenco dei nominativi di tutti i cittadini che contribuirono e le rispettive offerte. È il caso di rimarcare che la partecipazione fu pressoché unanime, con quote variegate a seconda delle possibilità di ciascuno. Si va dalla cifra di una lira a quella delle persone più facoltose che oscillava dalle 150 alle 300 lire. La popolazione comune si orientò su un contributo medio di 15/20 lire. Il Comune, a sua volta, partecipò cospicuamente stanziando una somma di ben 6mila lire. A questo punto è importante capire, però, quanto valeva allora la Lira rispetto all’Euro. In base ai dati Istat possiamo ritenere che al 1920 la Lira equivaleva, grossomodo, all’Euro di oggi. Ma bisogna considerare che prima dell’inizio della guerra il suo valore si sarebbe aggirato intorno ai 4 euro, e ciò significa che il potere d’acquisto dei risparmi della gente, si era ridotto di circa il 75% in appena 5 anni. Pertanto, il sacrificio fu maggiormente oneroso proprio perché sussistevano al momento serie difficoltà economiche per tutti. – continua sotto – 

Fatta questa digressione, riportiamoci nel mezzo della piazza, perché le celebrazioni stanno per avere inizio. Sono convenuti ospiti illustri da ogni dove: Sindaci di quasi tutti i comuni dell’Agro, Consiglieri Provinciali, Responsabili delle Istituzioni civili e militari, i presidi del Liceo Cirillo e della Scuola Tecnica. Sono presenti inoltre il direttore dell’Ospedale Civile e, nientemeno che, il cavaliere professor Filippo Saporito, direttore del Manicomio di Stato e presidente della Croce Rossa. Ci sono, inoltre, tutti i professionisti più in vista del territorio e, soprattutto, tantissimi reduci di guerra accorsi da ogni paese, insieme all’intera popolazione di Teverola. Il tributo di morti offerto alla Patria dai nostri compaesani contava 23 giovani vite. Ai loro familiari fu riservato un posto d’onore: “Su apposita tribuna, le madri, le spose, le sorelle dei morti, col ciglio rosso, col cuore commosso, assistevano mute alla doverosa Commemorazione”. – continua sotto – 

Ed ecco il momento clou della manifestazione: “A squilli di tromba – Al volo di colombi – Al suono festoso di campane – Alle rapidi evoluzioni di aeroplani, cade la tela e maestoso appare l’artistico Monumento dedicato alla memoria dei gloriosi Teverolesi, che per la Patria dettero la loro vita. La musica intuona l’inno reale, il clero s’avanza e benedice la pietra consacrata agli eroi; donne in gramaglie singhiozzano…. Quanta commozione negli astanti! Gloria ai Caduti — Onore alla civile Teverola, che eternando nel marmo i nomi dei prodi figli, scioglie, prima fra cotanti paesi della Campania un sacro dovere” (Domenico Perfetto). – continua sotto – 

Il resto della manifestazione lo possiamo rivivere attraverso alcuni stralci del toccante racconto che ne fa il giorno dopo l’avvocato Vincenzo Moscati. Ripensando alle vedove e alle mamme dei caduti presenti in tribuna scrive: “Io penso che in quel momento esse dovettero rivivere….quella gioia che in vita le univa ai loro cari, e che costoro doverono sentire — dall’al di là – la festa cittadina – e far librare la loro anima nel cielo Teverolese, nel momento istesso che i loro nomi e le loro gesta venivano evocati, ripetuti —commemorati — da forte oratore — e che gli areoplani s’aggiravano in vortici maestosi intorno al monumento lanciando cartellini,  mentre le trombe militari suonavano solenne l’ “attenti!””. – continua sotto – 

Il discorso celebrativo fu tenuto da Raffaele De Caro, già Maggiore dei Bersaglieri al fronte e Deputato al Parlamento. “Raffaele De Caro con frase incisiva fé rivivere intere le pagine della nostra Guerra…per oltre un’ora incatenò l’uditorio con la sua vibrante orazione: non un bisbiglio si udiva, non un segno di stanchezza, né di distrazione…mentre areoplani militari, appositamente inviati dal Comando Generale di Divisione di Napoli, giravano più volte intorno al Monumento novello… E Teverola, che prima fra le città della Provincia nostra ha voluto eternare nel marmo, con nobile iniziativa il nome dei suoi caduti e che dette prova di generosa ospitalità, di cortesia non comune, s’abbia sincera espressione di lode e di ammirazione”. (Aversa, 1° Febbraio 1921. Avv. Vincenzo Moscati). – continua sotto – 

L’illustre scienziato Filippo Saporito che aveva assistito alla cerimonia, profondamente colpito dalla commossa partecipazione della gente e dalla grandiosità dell’evento, non fece mancare la sua testimonianza su quanto era avvenuto. Inviò successivamente una lunga lettera al presidente del Comitato in cui esponeva le sue ammirate considerazioni in merito. Riporto qui soltanto la parte introduttiva che ritengo molto significativa, e capirete perché. “Ill.mo Signor Presidente, Onorando i suoi morti di guerra, in quella forma così altamente civile, che tutti gl’intervenuti hanno ammirato; Teverola ha altamente onorato se stessa. E ciò è accaduto perché codesta nobile borgata, se ha saputo lanciare ed immolare ben 23 eroi nel mortale duello tra la civiltà e la barbarie, non ha esaurito con essi tutte le virtù, tutte le feconde energie di cui è capace il suo popolo. I morti ne sono il simbolo più vivo e pietoso; ma tra i superstiti…voi possedete valori umani autentici; i quali vanno esaltati“. (Filippo Saporito). – continua sotto – 

Il grande studioso non si limita a celebrare i caduti in guerra ma, dalla capacità organizzativa e dal senso civico manifestati dal popolo teverolese, trae gli auspici per presagire un futuro radioso per i suoi figli. Ciò, oltre che costituire motivo di soddisfazione e di orgoglio per noi, deve essere anche di sprone a non tradire l’esempio dei padri e ad adoperarsi per il bene della Comunità. Anche a Roma giunse notizia dell’eccezionale evento in preparazione, e il Governo rispose in maniera adeguata. Pervenne, infatti, questo comunicato: Ministero della Guerra – Direzione Generale Artiglieria – Visto quanto viene rappresentato col foglio sopradistinto, il Ministero, ben lieto di fare cosa grata a cotesta patriottica popolazione, ha oggi stesso disposto perché la Direzione d’Artiglieria di questa Capitale spedisca gratuitamente a cotesto Comitato una bombarda di preda bellica da 220 mm perché sia conservata inalterata come cimelio di guerra ad ornamento del monumento eretto ai gloriosi caduti di codesto comune”. E questa notizia ci sembra davvero sorprendente! Che fine avrà fatto la bombarda? Sarà mai arrivata? C’è qualcuno che ne sappia qualcosa? Sarebbe davvero sorprendente scoprire che giace, casomai, abbandonata nei sotterranei del Municipio. Si potrebbe scrivere sulla vicenda un romanzo dal titolo: “Il mistero della bombarda smarrita”. Ma non sarà stata spedita mica per posta? Allora, c’è ancora speranza che arrivi! Magari entro il 30 gennaio! E provate voi a capire perché. – continua sotto – 

Dopo questa battuta, ritorniamo a riconsiderare il monumento sotto l’aspetto formale e artistico e vediamo, anche, come fu valutato dai contemporanei. “L’opera del Cav. Domenico Pellegrino è davvero magnifica nella sua semplicità. Su una larga base di pietrarsa, lievemente gusciata, si erge un robusto piedistallo prismatico di pietra bianca di Bellona. Da questo sorge uno snello e lucido tronco di piramide, alla sommità del quale si fonde, molto armonicamente stilizzata, una stupenda testa di donna, cinta di alloro, raffigurante la Patria. Il monumento appare subito come la creazione di un puro animo di artista. Dagli angoli della base le linee degli spigoli salgono con slancio e con eleganza sino alla figura della Patria. E il piedistallo che porta scolpiti i nomi dei nostri eroi e che sostiene la lucida e svelta piramide, dice come sul sacrificio dei suoi figli l’Italia sia sorta a nuova grandezza. Il viso della Patria è commovente nella sua nobile espressione di bellezza di forza e di dolore insieme. Intorno al monumento, pervade e si diffonde un senso di profonda austerità. Ed a questa austerità si informano le parole dell’epigrafe dettata da Filippo Saporito: IN ONORE DEI PRODI CHE DANDO ALLA. PATRIA LA VITA ILLUSTRARONO LA TERRA NATIVA TEVEROLA RICONOSCENTE – MCMXX“. – continua sotto – 

Non è chiaro dal documento chi abbia scritto questo commento critico dell’opera scultorea. Sembrerebbe l’ingegner Francesco dello Vicario (il cui nome compare alla fine del brano successivo), un professionista stimato e un uomo di cultura che quelli della mia generazione, e delle precedenti, ricorderanno sicuramente. Personalmente mi è rimasto il ricordo di quando da ragazzino ebbi modo, insieme ad altri compagni, di “intervistarlo”, già anziano, per il giornalino ciclostilato dell’Azione Cattolica, proprio sulla storia del paese. Comunque posso dire che, da docente di Storia dell’Arte, in tutti i testi specifici che ho avuto modo di leggere, non ho mai trovato una descrizione così chiara, completa e dettagliata di un’opera d’arte, che, oltre a definirne magistralmente l’aspetto formale, ne coglie pienamente anche lo spirito e l’anima che la pervadono. Non c’è nulla da aggiungere, neanche a distanza di un secolo. – continua sotto – 

Riporto anche un altro commento che, seppure enfatico ed entusiastico nei toni, appare comunque interessante. “Il Monumento, ideato dal valoroso Cav. Pellegrino ed eretto in onore dei prodi Teverolesi caduti per la patria, nella sua linea semplice ed elegante, nella nobile compostezza delle parti, nella purezza mirabile della figura stilizzata, che sormonta la stele, costituisce non solo uno splendido ornamento della patriottica cittadina, ma è una geniale e fine opera d’arte ben degna di figurare fra i monumenti congeneri della grande arte ellenica e del glorioso nostro Rinascimento artistico”. (Stanislao Erasmo Mariotti). – continua sotto – 

Da quanto si legge, avrete fatto caso, la scultura non rappresenta la figura indicata dalla denominazione corrente, ovvero “La Regina”, ma simboleggia invece la Patria, l’Italia. Allora, viene spontaneo chiedersi perché si sia affermato e consolidato nel linguaggio parlato l’appellativo che è a tutti noto. Probabilmente la gente ha avuto difficoltà ad identificare la figura di donna in un concetto astratto come quello di patria. Per sentirla vicina aveva bisogno di riferimenti concreti e, non potendo vedervi in essa una Madonna o una santa come la tradizione imponeva, le ha dato il nome di “Regina”, che più si confaceva ad una figura femminile nobile e solenne, ma laica, e comunque legata all’idea di nazione.  – continua sotto – 

In conclusione, mi viene da considerare che nel prossimo mese di gennaio sarà trascorso giusto un secolo dall’inaugurazione del monumento e, pertanto, alla luce di quanto ha significato all’epoca per la comunità di Teverola detto evento, sarebbe opportuno celebrarne degnamente la ricorrenza. Suggerirei a chi può adoperarsi in tal senso di disporre, già dal prossimo mese, uno striscione in via Cavour che, ricordando i cento anni dall’inaugurazione, rimarcasse la singolarità dell’eccezionale primato in Campania. Trascorso il periodo della ricorrenza, lo striscione potrebbe lasciare posto ad una lapide commemorativa. Invito, poi, tutte le associazioni e i circoli culturali e politici della città a promuovere iniziative per informare e sensibilizzare l’opinione pubblica al riguardo. Auspico che l’Istituto Comprensivo promuova attività didattiche nelle classi, rivolte a fare prendere coscienza ai ragazzi del valore del nostro monumento, potendolo collegare allo studio della Storia e a quello della Storia dell’arte. Credo, infatti, che non bisogna sottovalutare il contributo formativo che si può dare alle giovani generazioni attraverso uno studio che parta da esempi concreti e visibili. Le materie di studio diventerebbero meno astratte e, nello stesso tempo, il patrimonio artistico e culturale acquisterebbe quel valore in più nella coscienza della gente che ne assicurerebbe maggiore tutela e conservazione.  – continua sotto – 

Mi chiedo al riguardo se ci sia un legame tra quella lontana “intervista” all’ingegner Dello Vicario, propiziata dal parroco don Sossio, e quanto mi diletto a scrivere oggi. Se una relazione c’è, vuol dire che non è vano avvicinare i giovani alla scoperta del loro passato. Mi chiedo, anche, se sia un caso che, proprio nell’imminenza del centenario del tributo di riconoscenza dei nostri avi ai loro morti in guerra, mi ritrovi in mano queste carte che rievocano precipuamente quell’avvenimento. Invito, adesso, quanti, come me, vogliano rimuovere il velo d’oblio calato sulla storica vicenda e renderla perennemente viva e attuale, anche per i risvolti positivi che può avere per l’immagine della città, a condividere e commentare l’articolo sul web in modo da dargli la più ampia diffusione e visibilità possibili. Ringrazio, infine, vivamente, quanti abbiano portato a termine questa lettura trovandovi motivi di interesse.

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