Referendum, vince il Sì col 70%. Regionali finiscono 3-3: Toscana e Puglia al centrosinistra

di Redazione

Nel giorno della conferma al taglio dei parlamentari deciso dai cittadini con quasi oltre il 69,5% per i Sì al referendum, le Regionali certificano la tenuta del centrosinistra. In primis in Toscana, con la vittoria di Eugenio Giani che ha sconfitto la leghista Susanna Ceccardi con oltre il 45% delle preferenze. Non solo, Michele Emiliano, che correva senza il sostegno di Italia Viva e M5s, ha sconfitto secondo tutte le proiezioni Raffaele Fitto, sostenuto dal centrodestra unito, con circa 8 punti percentuali di distacco. La riconferma del governatore pugliese è una delle quattro sentenziate dalle urne: plebiscitari i bis di Vincenzo De Luca e Luca Zaia in Campania e Veneto, netta la vittoria di Giovanni Toti in Liguria.

Stando alle proiezioni dei risultati di lista, si tratta di successi anche personali con ottimi risultati delle liste civiche con il proprio nome. La lista Zaia Presidente raccoglierebbe addirittura oltre il 40% delle preferenze con la Liga Veneta ferma al 15%. Un quadro difficile soprattutto per la Lega, tenendo conto che l’unico ribaltone, quello nelle Marche, porta la firma di Francesco Acquaroli, espressione di Fratelli d’Italia. Affermazione destra per il candidato meloniano con quasi il 50%.

Al centrodestra resta il controllo di 14 regioni italiane, ma il 3-3 di questa tornata rallenta lo sfondamento leghista al Sud e, dopo l’Emilia-Romagna, certifica la tenuta delle ultime Regioni rosse. Il successo di Giani in Toscana è limpido, a dispetto delle previsioni della vigilia. “Ho capito il giorno della chiusura della campagna elettorale che i cittadini erano con noi. In questo momento sono sinceramente emozionato. Ha vinto la Toscana, i toscani hanno votato per la Toscana, per la nostra bellissima terra”, ha detto il candidato sostenuto da Pd e Italia Viva, che tuttavia avrebbe raccolto – stando alle proiezioni – uno striminzito 3,6% di preferenze di lista che consegnerebbe ai renziani un solo seggio in Consiglio regionale. Il Partito Democratico, invece, ha raccolto oltre il 30% dei voti.

In Puglia Michele Emiliano è dato in netto vantaggio su Raffaele Fitto. Un vantaggio incolmabile, secondo le proiezioni, mentre lo spoglio reale prosegue a rilento. Il governatore uscente è in vantaggio di oltre 8% percentuali sul candidato di centrodestra che si fermerebbe sotto il 40% delle preferenze. Lontanissima la candidata del Movimento 5 stelle, Antonella Laricchia, accreditata di circa il 10% dei voti. Non è bastata una campagna elettorale “vecchio stampo” della pentastellata, anzi i risultati delle liste dovrebbero confermare il ricorso al voto disgiunto, ma in ogni caso non si ferma l’emorragia di preferenze ai pentastellati che lo scorso anno raccolsero il 25% alle Europee e quasi un voto su due alle Politiche del marzo 2018. Le proiezioni delle liste confermano anche un successo personale per Emiliano, oltre a quello del Pd: le civiche del governatore sarebbero il “primo partito” in regione davanti ai dem, mentre nel centrodestra Fratelli d’Italia supera di gran lunga il risultato della Lega (attorno all’8%).

Nettissima (e alla vigilia data per scontata) la vittoria di Vincenzo De Luca in Campania: lo “Sceriffo” salernitano ha raccolto oltre il 60 per cento dei voti, tenendo Stefano Caldoro a quasi 40 punti di distanza. Valeria Ciarambino del M5s ha raccolto attorno al 12% delle preferenze, facendo registrare il “miglior” risultato di un candidato governatore pentastellato in questa tornata elettorale. Il secondo plebiscito è quello di Luca Zaia in Veneto: il governatore uscente raccoglie circa il 75% delle preferenze – Arturo Lorenzoni si ferma al 16 – e la sua lista personale si attesa oltre il 40%, dando circa 25 punti alla lista della Lega, che Matteo Salvini aveva anche “infarcito” di molti assessori uscenti. Un risultato che rischia di aprire anche il dibattito interno al partito, visti i risultati della Lega nelle regioni in cui il segretario ha messo la sua faccia in campagna elettorale.

Il Carroccio non sfonda neanche nelle Marche, dove il netto successo di Francesco Acquaroli sul sindaco di Senigallia Maurizio Mangialardi è da intestare a Fratelli d’Italia. L’unica regione strappata dal centrodestra al centrosinistra, quindi, porta la firma di Giorgia Meloni. Acquaroli, stando alle proiezioni, sfiorerà il 50% dei consensi e Lega e Fdi sono distanti solo 5 punti nelle preferenze di lista. Mangialardi si ferma al 35,9 e paga anche la mancata alleanza con il M5s che ha corso in solitaria con Gian Mario Mercorelli, capace di raccogliere circa il 10% dei voti. “Se ci avessero dato retta gli alleati, l’alleanza di governo avrebbe vinto quasi tutte le regioni italiane. Lo diciamo dal primo giorno: alleati non avversari. Già è chiaro che se l’alleanza che sostiene il governo fosse stata ovunque unita probabilmente avremmo vinto quasi tutte le Regioni”, il commento di Nicola Zingaretti.

Dove Pd e M5s hanno corso insieme, tuttavia, non è bastato. In Liguria Giovanni Toti sarà governatore per altri cinque anni: ha raccolto oltre il 50% sconfiggendo Ferruccio Sansa (39%) e il candidato di Italia Viva Arturo Massardo, che resta sotto il 5. Quello di Toti è anche un successo personale: la sua lista Cambiamo!, stando alle proiezioni, raccoglie oltre il 20 per cento delle preferenze ed è la più votata. Una “bella affermazione”, l’ha definita Toti precisando però che “non siamo in concorrenza con i nostri alleati” perché “se siamo a celebrare il miglior risultato del centrodestra è perché abbiamo trovato un’alchimia che funziona”.

 

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