Fatture false per 93 milioni nel commercio di pellet: indagine in tutta Italia

di Redazione

Un modesto negozio di articoli ortopedici nella Maremma labronica, piccola Srl che, in pochi mesi, ha però visto “lievitare” i propri acquisti da 100mila a 15 milioni di euro. È nata da questa intuizione delle fiamme gialle della Tenenza di Cecina l’operazione “Confusion”, complessa indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Livorno che la Guardia di Finanza ha concluso nel commercio di legno combustibile.

Un’inchiesta internazionale partita nel giugno 2018, con investigazioni sviluppate in due fasi. La prima, in cui è stato scoperto e bloccato dai finanzieri un pernicioso sistema di compensazioni di debiti tributari accollati da 10 soggetti tra Roma, Piedimonte Matese (Caserta) e Civitavecchia (Roma) con, al centro, in qualità di accollante, la Srl cecinese la quale vantava un credito Iva per 3,2 milioni di euro giustificato però dall’utilizzo di 15 milioni di euro di fatture false ricevute nel 2017 per un simulato acquisto di un capannone a Carsoli (L’Aquila). Il tutto con l’ausilio di tre consulenti fiscali in provincia di Roma che hanno apposto il necessario visto di conformità sulla dichiarazione annuale e procacciato i debitori dello Stato (le società accollate) i quali hanno saldato le loro pendenze erariali mediante le compensazioni con il fittizio credito Iva.

Un sistema lecito ma strumentale, nel caso di specie, a una grande evasione fiscale. Attraverso l’istituto dell’accollo infatti, il debitore (l’accollato) e un terzo (l’accollante, la Srl cecinese) stipulavano un contratto in base al quale quest’ultimo, che vantava crediti d’imposta (Iva) non spettanti, si accollava il debito d’imposta che il primo aveva nei confronti dell’erario a fronte della percezione di un “compenso” di importo inferiore all’ammontare del debito medesimo; il vantaggio per l’accollante consisteva nella possibilità di monetizzare in fretta il credito Iva (comunque non autentico) ottenendo somme mediamente pari al 50% del debito accollato; ad esempio, se il debito era di 10mila euro, l’originario debitore (ossia l’accollato) corrispondeva 5mila euro all’accollante (la Srl cecinese) la quale estingueva il debito erariale acquisito mediante compensazione con l’Iva a credito artificiosamente creatasi mediante la ricezione di false fatture, intascando i 5mila euro; in pratica, entrambi ottenevano un vantaggio: l’accollato estingueva il proprio debito tributario di 10mila euro mediante pagamento di una somma pari alla metà, mentre l’accollante incassava 5mila euro grazie al credito Iva generato dalle fatture false ricevute (manovra, questa, che oggi non è più possibile attuare dopo gli interventi normativi che l’hanno vietata, proprio originati da indagini della specie). Singolare il fatto che in un caso l’originario debito poi accollato sia scaturito da un verbale da 641mila euro redatto dalla stessa Guardia di Finanza, a Civitavecchia, trasferito alla società cecinese con un pagamento di soli 130mila euro;

La seconda fase, nella quale è stato messo in luce un reticolo di “scatole vuote” e rapporti soggettivamente inesistenti su tutto il territorio nazionale, sempre finalizzato all’evasione (dell’Iva). In particolare, la Srl cecinese – con a capo un prestanome ma di fatto occultamente gestita dal principale indagato, un 42enne genero dell’ex commerciante di articoli ortopedici, originario di San Vincenzo (Livorno) poi trasferitosi a Bergamo e solo formalmente residente in Romania – dal 2018 ha anche spostato la sede aziendale a Bari, cambiando denominazione e dichiarando di esercitare oltre che la compravendita di articoli ortopedici, pure quella del pellet – materiale slegato dai prodotti ortopedici – in assenza di idonee strutture commerciali: nessun capannone quindi, né magazzini, nessun mezzo di trasporto. Infatti, tutte le società della maxi frode Iva avevano solo mere caselle postali o uffici dove far girare le fatture per operazioni inesistenti.

Il gip del Tribunale di Livorno ha già emesso, in relazione alla prima fase delle indagini, un decreto di sequestro preventivo, fino a concorrenza dell’importo di 6,3 milioni di euro la cui esecuzione ha consentito di sequestrare 3 terreni agricoli a Velletri (Roma), 7 unità immobiliari tra negozi e capannoni industriali sempre a Velletri e a Paliano (Frosinone) nonché disponibilità finanziarie. Tra gli immobili sequestrati ne figurano tre, del valore commerciale di 1,4 milioni, ricondotti a uno dei commercialisti indagati ancorché “schermati” da una società britannica, una Ltd con sede a Londra. 600mila euro, ossia una parte degli oltre 16 milioni di euro di Iva complessivamente evasa dai responsabili, sono stati “autoriciclati” mediante trasferimento in un portafoglio digitale o wallet, per l’acquisto di criptovalute, gestito da una seconda importante società inglese, sempre di Londra, molto nota nel settore; una tra le caratteristiche più insidiose di questo sistema è il c.d. “pseudonimato” che ne caratterizza le transazioni, dal momento che a ogni soggetto titolare di una posizione finanziaria viene garantita la più completa riservatezza, sia per quanto riguarda la propria individuazione soggettiva che per l’oggetto delle transazioni poste in essere. Le ricerche ora puntano a individuare ulteriori beni, valori e wallet, eventualmente riconducibili agli indagati. L’attività condotta dai finanzieri della Tenenza di Cecina ha permesso di scovare fatture per operazioni inesistenti, emesse o utilizzate, per oltre 93 milioni di euro, un’Iva evasa per oltre 16 milioni, 11 società “cartiere” e di denunciare all’autorità giudiziaria 22 persone per dichiarazione fraudolenta, 3 per riciclaggio e 2 per autoriciclaggio del denaro illecitamente accumulato grazie alla stessa evasione fiscale, con la segnalazione a 63 Reparti del Corpo di 100 imprenditori e prestanome beneficiari della grave frode.

I 22 RESPONSABILI. ATTIVITÀ DICHIARATE, UBICAZIONE E CONDOTTE COMPIUTE – Il principale indagato è l’amministratore di fatto della Srl cecinese, ora con sede legale a Bari. Originario di San Vincenzo (Livorno), con domicilio a Bergamo e residenza anagrafica in Romania, dovrà rispondere dei reati di frode fiscale, occultamento o distruzione di documenti contabili, indebita compensazione e autoriciclaggio. Poi un viterbese, amministratore della Srl romana in liquidazione che ha fatturato il capannone di Carsoli, dovrà rispondere di emissione di false fatture. Tra gli indagati anche un imprenditore vicentino e uno nettunese, amministratori nel tempo di una “società filtro” con sede a Vicenza, per emissione nonché utilizzo di false fatture. Un lituano, rappresentante di due Srl, evasore totale, irreperibile, la cui ultima residenza era sempre in provincia di Vicenza, è indagato per omessa dichiarazione ed emissione di fatture false. Deferito per frode fiscale, occultamento o distruzione di documenti contabili, indebita compensazione e autoriciclaggio anche un torinese, prestanome della Srl cecinese.

Un secondo piemontese, del cuneese, rappresentante di una società “cartiera” con sede a Milano,esercente la dichiarata attività di commercio all’ingrosso di computer e materiale informatico vario, è indagato per omessa dichiarazione, emissione di false fatture e occultamento e distruzione della contabilità. Indagato anche un residente nell’agro pontino, legale rappresentante di un’altra società “cartiera” di Roma, evasore totale, dichiaratamente esercente il commercio all’ingrosso di legname, semilavorati in legno e legno artificiale, indagato per emissione di false fatture e omessa dichiarazione. Tra gli indagati per frode fiscale è presente, inoltre, un cittadino di Battipaglia (Salerno), residente in provincia di Como, rappresentante di una “società filtro” di Milano, con sede in via Montenapoleone. Quattro bergamaschi, di cui uno di Treviglio, uno di Zogno e uno di Pagazzano, pure risponderanno di frode fiscale per essersi avvicendati nell’amministrazione di due Srl, una “cartiera” e una “società filtro”, entrambe milanesi. Un altro residente a Bergamo, ma originario di Milano e un pescarese sono stati altresì denunciati per frode fiscale poiché anche loro si sono avvicendati nella gestione delle due società di Milano.

Unicamente per riciclaggio è indagato invece un 63enne residente a Monte Porzio Catone, in provincia di Roma, originario di Frascati (Roma). Esclusivamente di indebita compensazione risponderà un consulente di Velletri, residente a Roma. Altri due consulenti romani, uno di Zagarolo e uno di Rocca Priora, pure risponderanno di indebita compensazione per aver procacciato i debitori dell’erario (accollati) alla Srl cecinese (accollante). Una donna, di Monza, residente in provincia di Bergamo, è stata deferita per omessa dichiarazione ed emissione di false fatture in relazione alla gestione di un’ulteriore società “cartiera” con sede a Milano, esercente l’attività dichiarata di commercio all’ingrosso di prodotti petroliferi e lubrificanti per autotrazione e combustibili per riscaldamento. Una seconda donna, toscana, residente a Bergamo, coniuge del principale indagato, è stata denunciata per riciclaggio di denaro illecitamente accumulato per effetto dell’evasione del marito. Infine, una terza donna, di Terni, è la 22esima indagata, dipendente della Srl cecinese nonché madre del principale indagato; è stata denunciata, come la nuora, per riciclaggio.

I 100 imprenditori coinvolti nel giro di fatture per operazioni inesistenti e indebite compensazioni. Impegneranno 60 diversi Reparti della Guardia di Finanza in tutta Italia i 90 imprenditori coinvolti nella maxi frode “carosello” scoperta dalla Tenenza delle fiamme gialle di Cecina. Le fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, come quelle scoperte nel caso di specie, non consentono di detrarre dal quantum di Iva da versare allo Stato quella esposta nelle fatture false individuate. Infine, i 10 soggetti (per un totale di 100) che hanno ceduto il proprio debito alla società cecinese saranno segnalati a ulteriori Reparti del Corpo (per un totale di 63) per il recupero delle pendenze tributarie indebitamente compensate in quanto lo Statuto dei diritti del contribuente, nei casi di specie, non prevede la liberazione dal debito del contribuente originario. IN ALTO IL VIDEO

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