Cesa, la “Novantanovesima Grotta” di Cesario e Mirella nel panorama dell’Asprinio

di Nicola Rosselli

Cesa (Caserta) – La vendemmia eroica, la coltivazione della vite maritata al pioppo entra a far parte del Patrimonio Culturale Immateriale della Regione Campania. Il progetto redatto dalla Pro Loco di Cesa e sottoscritto dall’amministrazione comunale guidata dal sindaco Enzo Guida lo scorso dicembre, è stato iscritto nell’inventario regionale.

“In questo riconoscimento – hanno dichiarato i volontari della Pro Loco – sono racchiuse tante cose: prima di tutto il lavoro dei nostri antenati portato avanti da coloro che con grande fatica e dedizione proprio in questo periodo sfidano le altezze delle Alberate per raccogliere l’uva e ricavarne dell’ottimo Asprinio”. Poi il percorso seguito dalla Pro Loco che di anno in anno non si è arresa ed ha continuato a seguire il suo obiettivo, cioè di salvaguardare e valorizzare le Alberate Aversane, le grotte tufacee ed il vino Asprinio. Esempio di questo percorso è Novantanovesima Grotta, un nuovo marchio nel panorama vitivinicolo dell’Asprinio, ma con radici che risalgono al Regno delle due Sicilie, prima dell’Unità d’Italia.

La famiglia Marrandino ha da sempre coltivato la vite maritata a pioppo, anche se non a livello manageriale. Sul letto di morte papà Pasquale ha strappato al figlio Cesario la premessa di continuare in quella che ai giorni nostri può essere considerata un’impresa titanica. Cesario, anche grazie all’intraprendenza della moglie Mirella Frippa, ha dato il via alla svolta con il marchio e la vendita non più diretta, ma anche attraverso enoteche e grande distribuzione. Sede e cantina ad Aversa, coltivazione nelle zone dop dell’Asprinio: Cesa, Succivo, Sant’Arpino. Proprio il marchio ha una sua particolarità. Il quadretto sull’etichetta è un lavoro di una giovane artista esordiente di Salerno che Marrandino ha voluto coinvolgere in quest’avventura per dare un messaggio d’incoraggiamento all’arte. L’immagine rappresenta una fescina col volto di una donna dai capelli d’uva e lo scalillo che arriva fino alle nuvole. “Il nostro cammino – ha raccontato Mirella – è un cammino con un forte legame al territorio e che raccoglie le richieste della comunità di garantire la continuità delle tradizioni”.

In un contesto diverso la Cantina Capasso di Aversa, storico luogo per gli amanti del vino in via Santa Lucia.  “Siamo – ha dichiarato Massimo Capasso, architetto, che insieme al fratello Fiore, enologo, gestisce l’attività di famiglia – alla quarta generazione.  Non abbiamo vigneti di proprietà, ma da sempre ci rivolgiamo a viticoltori dell’Agro Aversano di Villa Literno e Trentola Ducenta. L’Asprinio è un vino d’annata, salvo eccezioni, l’ultima tre anni fa, quando supera i tredici gradi. Si presta, inoltre, alla spumantizzazione con il metodo classico”.

Le viti maritate sono di origine etrusche, successivamente, osca. Plinio il Vecchio (Naturalis Historiae, 77 d.C.) testimonia la viticoltura campana dell’epoca, con viti maritate ai pioppi, anche altissime, soprattutto nella zona di Aversa. Distingue l’arbustum italicum, dove le viti salgono sul singolo albero, dall’arbustum gallicum (chiamato così perché molto frequente nella Gallia Cisalpina), dove i tralci delle viti passano da un albero all’altro formando dei filari. Per inciso, Plinio era anche produttore di vino: ne vendeva a Roma cospicue quantità, producendolo nelle sue aziende campane, da viti maritate. Da sempre l’Agro Aversano, le sue campagne sono state contraddistinte da questi altissimi filari. L’Asprinio era il vino prodotto in casa e a chilometri zero. La sua coltivazione dopo essere regredita negli anni ottanta, anche grazie al Dop, sta rivivendo un nuovo splendore con le campagne che tornano ad avere l’aspetto dei tempi che furono.

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