Bracconaggio nel Casertano, la Procura “a caccia” di bunker e vasche

di Redazione

La Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere ha fornito alcune linee guida alle forze dell’ordine operanti sul territorio, in ordine alle attività di contrasto al fenomeno del “bracconaggio” di animali, in violazione alle vigenti normative, che oltre a pregiudicare la conservazione delle specie animali ha delle negative conseguenze anche in materia urbanistica ed ambientale.

Con tali linee guida, si è inteso adottare alcune procedure pratiche in ordine alle attività di polizia giudiziaria da esperire in caso di presenza di attività di bracconaggio. Difatti, l’illecita attività di caccia viene svolta, o prevalentemente tra l’altro, tramite l’utilizzo di postazioni in cui si sistemano i bracconieri, vale a dire strutture in cemento armato o non, parzialmente interrate (‘bunker’), che in gergo vengono anche chiamate ‘botti’ e che custodiscono il materiale necessario (fucili, munizioni, richiami elettromagnetici acustici, eccetera) che viene utilizzato per la sosta e gli appostamenti nella zona di caccia. Tali strutture sono, per lo più, di forma rettangolare e di estensioni variegate, in quanto talune di esse prevedono, oltre che lo spazio necessario per custodire il suindicato materiale, altresì degli spazi per la sosta e il pernottamento dei bracconieri, con le conseguenti violazioni alle norme urbanistiche.

E’ noto che, affinché venga operato il richiamo degli animali selvatici, vengono creati altresì dei bacini di acqua artificiali (‘vasca’) di grandezza circoscritta, presso i quali può avvenire il richiamo degli uccelli in transito, anche mediante l’uso di richiami acustici espressamente vietati dalla legge. In pratica, i bracconieri si appostano all’interno del bunker, perfettamente mimetizzato, per poter comodamente abbattere gli anatidi che, attirati dallo specchio d’acqua artificiale, habitat molto idoneo per riposarsi e rifocillarsi, nonché dai richiami acustici e dagli stampi in plastica, si poggiano sull’acqua e finiscono sotto il tiro incrociato dei bracconieri. La creazione di tali bacini artificiali comporta un arbitrario mutamento della destinazione d’uso del terreno, in quanto con la realizzazione del laghetto artificiale si configura un cambio di destinazione urbanistica. Inoltre occorre verificare le modalità con cui la ‘vasca’ viene alimentata di acqua (se attraverso l’utilizzo di pozzi già presenti o anche tramite il prelievo di acque pubbliche nei canali adiacenti a dette vasche). L’eventuale sottrazione di risorse pubbliche darà luogo anche alla contestazione di furto aggravato, potendo eventualmente configurarsi altresì la prevista sanzione amministrativa.

Occorre precisare che l’attività di bracconaggio ha anche un notevole impatto di natura ambientale per la presenza in loco di residui di piombo dovuti al prolungato uso delle armi. La presenza di tali residui rende necessaria l’effettuazione di verifiche circa la sussistenza di danni ambientali, determinati dall’accumulo di piombo anche nel corso degli anni. La polizia giudiziaria è stata invitata, allorché interviene in luoghi ove si eserciti l’illecita attività di bracconaggio, a procedere al sequestro delle postazioni (‘bunker’ o ‘botti’), dello specchio d’acqua artificiale, delle armi, della fauna selvatica e dei mezzi di caccia non autorizzati (quali gli stampi in plastica posti sul bacino artificiale, che riproducono gli anatidi da attirare, i richiami acustici elettromagnetici riproducenti il canto degli anatidi, i richiami acustici e gli strumenti elettromagnetici in funzione, al fine di evitarne la disponibilità e il loro successivo utilizzo da parte dei bracconieri.

La polizia giudiziaria, una volta espletate tutte le attività di sequestro suddette, dovrà dare avviso all’Ente comunale, per quanto di propria competenza, comunicando le notizie sulle violazioni urbanistiche riscontrate. Gli Enti comunali sono tenuti ad emettere, nei confronti del proprietario dell’area, ordinanza con cui viene ingiunto il ripristino dello status quo ante, previa demolizione dei ‘bunker’ nonché il ripristino dello stato dei luoghi, indispensabili per la commissione del reato. In caso di inottemperanza, sussiste l’obbligo, da parte del comune di intervenire d’ufficio, a danni e spese del proprietario.

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