Scuole aperte d’estate, il ministro Fedeli ci riprova

di Redazione

Tenere aperte le scuole tutto l’anno, estate compresa. E’ il progetto che il ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli, sta cercando di realizzare dopo aver ricevuto richieste in tal senso da centinaia di genitori. I tecnici del ministero sono già al lavoro e una prima bozza del piano potrebbe essere pronta dopo l’estate in modo da essere annunciata ufficialmente con l’inizio del prossimo anno scolastico.

Lo scoglio principale per tenere aperte le scuole in estate è rappresentato dai professori. “I bidelli lavorano in estate, gli addetti alla segreteria e i presidi anche. Per garantire una vera assistenza agli studenti sarebbe necessario rimodulare l’orario di servizio degli insegnanti e prevedere un impiego dei giovani precari. Da questo dipende la possibilità di riempire di contenuti le scuole che già comunque sono aperte”, spiega Mario Rusconi, vicepresidente dell’Associazione nazionale presidi, intervistato da La Stampa.

Altro tema è quello dei contenuti. “Non vogliamo che le scuole diventino un parcheggio”, sottolinea Rosaria Danna, presidente dell’Associazione italiana genitori. E Pino Turi, segretario generale della Uil scuola, aggiunge: “Per noi quello che conta è tenere ben distinta l’assistenza dalla scuola vera e propria. Sono due funzioni distinte. Dal mio punto di vista la scuola non è un servizio assistenziale e sociale ma una funzione dello Stato molto precisa che attiene alla formazione degli studenti. La scuola forma i bambini, non li assiste. Se questo è il significato, pensare di tenere le scuole aperte tutto l’anno è una stupidaggine”.

In realtà esiste già una direttiva del ministero dell’Istruzione datata 1997 con la quale si dice che le scuole devono restare aperte anche d’estate. Ma di fatto è rimasta inattuata, tranne in alcuni istituti dove sono in corso progetti specifici. Nel 2013 l’allora premier Mario Monti presentò una bozza che prevedeva la chiusura degli istituti per un solo mese: progetto che rimase, però, solo sulla carta. Nel 2015 fu la volta del ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. “Tre mesi di vacanza sono troppi”, disse e venne travolto dalle critiche.

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