Marò, udienza all’Aja: Italia chiede rimpatrio Girone. India vuole garanzie

di Gabriella Ronza

Sono passati quattro anni da quando Salvatore Girone e Massimiliano Latorre furono accusati di aver ucciso due pescatori indiani al largo del Kerala, il 15 febbraio 2012, ma la vicenda sembra non trovare ancora un finale e il mondo è costretto a visionare un susseguirsi di “sequel” burocratici e di rimbalzi giudiziari tra Italia e India.

Si è aperta, infatti, all’Aja la prima giornata di udienza davanti al Tribunale arbitrale internazionale sulla richiesta italiana di far rientrare in patria il marò Girone, ancora trattenuto in India. L’India, tuttavia, si oppone di nuovo alle misure provvisorie, anche se la posizione si ammorbidisce un po’ rispetto a quella espressa a gennaio.

Nelle Osservazioni scritte dell’India, depositate al Tribunale arbitrale il 26 febbraio scorso e rese pubbliche oggi, si sottolinea che ci sono diverse ragioni che “rendono la richiesta italiana difficile da accettare”. Nel testo, l’agente del governo di Delhi, Neeru Chadha, che prenderà la parola in aula nel pomeriggio, “respinge” la richiesta di “misure provvisorie” per Girone, ritenendo che “c’è il rischio che Girone non ritorni in India nel caso venisse riconosciuta a Delhi la giurisdizione sul caso”, prosegue il documento. “Sarebbero necessarie assicurazioni in tal senso” dall’Italia, che finora sono state “insufficienti”. La sentenza del Tribunale è attesa tra circa quattro settimane.

Ad aprire l’udienza è stato il presidente del Tribunale arbitrale, il russo Vladimir Golitsyn. Per l’Italia ha preso la parola l’ambasciatore Francesco Azzarello, che si dice positivo sulla decisione del Tribunale: “Non si tratta di essere ottimisti o pessimisti, ma ovviamente l’Italia nutre speranze, basate su solide motivazioni giuridiche e umanitarie, altrimenti non sarebbe venuta. Sarà poi il Tribunale arbitrale a decidere a favore o contro la richiesta italiana e in quali termini”.

Nel suo intervento, l’ambasciatore ha detto che, considerato che il procedimento arbitrale sul caso marò “potrebbe durare almeno tre o quattro anni”, quindi Salvatore Girone rischia di rimanere “detenuto a Delhi, senza alcun capo d’accusa per un totale di sette-otto anni”, determinando una “grave violazione dei suoi diritti umani”. Per questo il fuciliere “deve essere autorizzato a tornare a casa fino alla decisione finale” dell’arbitrato, ha spiegato Azzarello, agente del governo italiano. In effetti, i tempi dell’arbitrato vero e proprio sono lunghi: la Corte ha dato a Italia e India almeno fino a febbraio 2018 per la presentazione di memorie e controdeduzioni.

Secondo Azzarello, l’unica ragione per cui il sergente Girone non è autorizzato a lasciare l’India “è perché rappresenta una garanzia che l’Italia lo farà tornare a Delhi per un eventuale futuro processo. Ma un essere umano non può essere usato come garanzia per la condotta di uno Stato”. “L’Italia – ha aggiunto Azzarello – ha già preso, e intende ribadirlo nel modo più solenne, l’impegno di rispettare qualsiasi decisione di questo Tribunale”.

Che l’India abbia bisogno di garanzie è convinto anche Sir Daniel Bethlehem, membro del team legale italiano davanti al Tribunale arbitrale all’Aja: “L’Italia riconosce la necessità dell’India di avere garanzie” che Salvatore Girone ritorni in India, qualora il Tribunale arbitrale riconoscesse la giurisdizione indiana sul caso dei marò. E per questo invita il Tribunale a considerare di imporre “condizioni” per il suo rientro in patria, come quella di “consegnare il suo passaporto alle autorità italiane, di non viaggiare all’estero senza un permesso specifico e di riferire periodicamente alle autorità designate in Italia per tutto il periodo in questione”, cioè fino alla fine dell’arbitrato.

Azzarello, però, ha fatto leva sul sentimentalismo. Infatti, ha insistito sul fatto che Girone “è costretto a vivere a migliaia di chilometri dalla sua famiglia, con due figli ancora piccoli, privato della sua libertà e dei suoi diritti. Il danno ai suoi diritti riguarda l’Italia, che subisce un pregiudizio grave e irreversibile dal protrarsi della sua detenzione, e dell’esercizio della giurisdizione su un organo dello Stato italiano”.

Severe le parole di Elio Vito, deputato e capogruppo di Forza Italia in commissione Difesa, che ha twittato: “Marò, oggi inizia arbitrato internazionale, era unica cosa giusta da fare, subito, i nostri Governi ci hanno messo 4 anni… #maròliberi”.

Il governo indiano, tuttavia, non vede diritti lesi nella permanenza di Girone in India. “Salvatore Girone – fanno sapere – non è in prigione. Vive nella residenza dell’ambasciatore italiano a New Delhi, dove vive bene e la sua famiglia può rendergli visita”. Hanno quindi dichiarato che sono “condizioni ragionevoli” per una persona accusata di un reato grave.

Intanto, Massimiliano Latorre è in Italia per le cure necessarie dopo un ictus che lo ha colpito nel 2015. Il dibattito sui due marò, comunque, apre il summit Ue-India in programma oggi a Bruxelles: da una parte, il premier indiano Narendra Modi, dall’altro i vertici Ue. Per evitare domande di ogni tipo, è stata annullata la conferenza stampa prevista alla fine del vertice, in tarda serata. Alti funzionari europei, ieri, avevano ribadito che il tema centrale dell’incontro bilaterale tra Modi, il presidente del Consiglio Donald Tusk ed il presidente della Commissione Jean Claude Juncker sarà la vicenda dei fucilieri.

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