Palermo, il cardinale nega la cresima al figlio del boss Graviano

di Redazione

 Palermo. Una decisione destinata a suscitare polemiche e ad aprire un dibattito all’interno della chiesa. L’arcivescovo di Palermo, cardinale Paolo Romeo, ha proibito la cresima in Cattedrale per il figlio 17enne del boss di Brancaccio, Giuseppe Graviano.

Il capomafia è stato condannato all’ergastolo, insieme al fratello Filippo, per avere fatto uccidere padre Pino Puglisi, ora beato per il suo martirio, le cui spoglie sono custodite proprio all’interno della Cattedrale. Tra le navate del Duomo arabo normanno oggi sono state celebrate le cresime di 49 alunni del Centro educativo Ignaziano (Cei), il prestigioso istituto privato retto dai gesuiti. Ma del gruppo non ha fatto parte il figlio del boss che pure aveva seguito con i compagni il percorso spirituale di preparazione al sacramento. Il ragazzo riceverà egualmente la cresima, ma in forma privata. Motivi di opportunità, spiega il cardinale Romeo lamentando il clamore mediatico dato alla vicenda pur sottolineando: “Questo non significa che le colpe dei padre devono ricadere sui figli”.

Sulla decisione probabilmente hanno pesato anche le polemiche suscitate lo scorso settembreper il matrimonio della nipote del superlatitante Matteo Messina Denaro celebrato nella Cappella Palatina, gestita proprio dalla Curia. Ma questa volta i pareri tra i fedeli sono discordi. Maurizio Artale, presidente del centro Padre Nostro, fondato a Brancaccio proprio da padre Pino Puglisi, critica apertamente la scelta dell’arcivescovo. “Questa non è la Chiesa dell’accoglienza che predica Papa Francesco, questo ragazzo è stato discriminato”.

E a sostegno della sua tesi cita un episodio che riguarda proprio l’opera pastorale svolta dal parroco di Brancaccio. “Corrado – dice – era un bambino del quartiere costretto dal padre a rubare. Ma Padre Puglisi non ha mai negato a ragazzi come lui il diritto di ricevere la comunione”. Per Artale “se si voleva evitare davvero la strumentalizzazione del caso, allora sarebbe stato più sensato officiare la cresima con tutti i ragazzi del corso in un’altra parrocchia”.

“Una forma di celebrazione privata – spiega – fa ripiombare indietro nel tempo, quando i sacramenti venivano officiati dalla Chiesa ai nobili in forma ristretta. Certe scelte invece devono essere pubbliche e vanno condivise, con tutto il coraggio richiesto, specie ora che Papa Francesco chiede una chiesa aperta a tutti, a meno che non si abbiano dubbi sulla condotta del ragazzo”.

Non la pensa allo stesso modo don Francesco Michele Stabile, storico della chiesa e presidente della commissione arcivescovile che ha promosso la causa di beatificazione di don Puglisi, secondo il quale occorreva dare un “segnale” alla famiglia Graviano e alla società. “La scelta della Curia – osserva – non è un atto di discriminazione verso il ragazzo. Non gli si nega la cresima ma l’uso di un luogo che accoglie le spoglie di don Pino, e quindi è un simbolo della resistenza alla mafia”.

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