Pizzo di Pasqua, si costituisce “ras del coccodrillo”

di Redazione

 Cesa. Si è costituito al carcere di Santa Maria Capua Vetere Antonio Cristofaro, 33 anni, di Cesa, tra i quattro arrestati, martedì, dalla squadra mobile di Caserta per un’estorsione ai danni di un imprenditore di Orta di Atella.

Scarcerato l’8 marzo scorso, Cristofaro si era subito rimesso all’opera per raccogliere le tangenti per il clan in vista delle festività pasquali. Gli altri tre arrestati sono Amedeo Caterino,figlio del boss Nicola Caterino, detto “‘O Cecato”, e i due fratelli di Cristofaro, Nicola e Michele.

Nelle prime fasi dell’operazione degli agenti guidati dal vicequestore Alessandro Tocco, Cristofaro si era reso irreperibile. A quel punto sono scattate perquisizioni a casa di amici e parenti, a cominciare dall’abitazione della sua compagna, in via Diaz, a Orta d’Atella: la donna alloggiava nella stessa casa dove lo scorso 9 gennaio fu arrestato il latitanteDomenico Ciccarelli, 41 anni, ritenuto a capo del clan Ciccarelli-Russo di Caivano.

Cristofarofu arrestato il 18 settembre 2009: per convincere gli imprenditori a pagare il pizzo o ad assecondare le sue richieste li intimoriva con un coccodrillo che aveva in bella mostra sul terrazzo di casa, all’ultimo piano di un normale condominio di Orta di Atella, nel casertano.

Il suo ruolo apicale emerge dalle conversazioni intercettate dai poliziotti.È al suo cospetto che Amedeo Caterino, figlio del boss ma comunque agli ordini del più esperto Cristofaro, porta l’imprenditore vittima, di Orta di Atella,per la richiesta estorsiva di diecimila euro. Il primo approccio avviene il 28 marzo, appena venti giorni dopo la scarcerazione di Cristofaro; in quel giorno il commerciante viene condotto a casa del nuovo reggente della cosca, alla presenza anche dei fratelli di quest’ultimo, Nicola e Michele.

Gli investigatori lo apprendono grazie ad un conversazione, fortemente rivelatrice, datata 4 aprile, tra l’imprenditore e un amico. “Quando lo arrestarono, diciamo a casa, gli trovarono un coccodrillo…”, racconta l’esercente riferendosi all’arresto del 2009 di Cristofaro. “Lui – prosegue – mi guardava con un aria prepotente… sul tavolo aveva due pistole, diciamo appoggiate, tipo 9×21, più o meno quelle che vidi…”.

Il commerciante dà conto delle minacce del killer ai figli e della richiesta estorsiva. “Mi chiese se avevo figli, quindi mi disse ‘Qua comandiamo noi, per Pasqua preparami diecimila euro. Quello che ti voglio dire… i figli tuoi li vuoi bene e non ti preoccupare”. A quel punto l’amico dell’imprenditore gli consiglia di non pagare: “Guarda se cedi a queste, a queste tangenti, a queste camorre…chiamiamole come vogliamo chiamarle, dopo ti sei rovinato tutta la vita. È meglio che fai una buona decisione a denunciarli, perchè se li denunci e ti rivolgi a una Polizia, tu il problema lo risolvi, una volta e per sempre. Se no questi dopo…oggi te ne chiedono….domani, Dieci, domani venti, poi te ne chiedono trecento, poi vogliono cambiare l’assegno e poi ti hanno messo sotto e ti rovinano”.

L’imprenditore alla fine ha pagato solo un “acconto” di mille euro, in data 8 aprile, consegnando i soldi nelle mani di Caterino. L’incontro è intercettato dagli investigatori della mobile guidati dal vicequestore Alessandro Tocco. La microspia capta anche il rumore prodotto dal conteggio della banconote. È l’ultimo riscontro che consente al pm antimafia Cesare Sirignano di costruire un quadro probatorio piuttosto rilevante per emettere il fermo.

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