“Soldi a Penati per il Pd”, la denuncia di un imprenditore

di Redazione

Filippo Penati MILANO. 20, 30 milioni di lire al mese versate a Filippo Penati per coprire le spese locali del partito. E’ quel che Piero Di Caterina, l’imprenditore di Sesto San Giovanni, titolare della Caronte, …

… impresa operativa nel trasporto pubblico ha messo a verbale un anno fa, definendosi “concusso” e raccontando le “condizioni” che sarebbe stato costretto ad accettare per lavorare. C’è anche questo particolare nell’inchiesta su un giro di presunte tangenti per favorire interventi edilizi nelle aree ex Falck e Marelli, coordinata dai pm di Monza Walter Mapelli e Franca Macchia, e nata dalle dichiarazioni rese alla magistratura milanese da Di Caterina e dal costruttore Giuseppe Pasini.

Penati, ex capo della segreteria politica di Pier Luigi Bersani, fino a qualche giorno fa vicepresidente del Consiglio Regionale e in passato presidente della Provincia di Milano e sindaco di Sesto San Giovanni, è indagato per corruzione, concussione e finanziamento illecito ai partiti. E assieme a lui sono inquisite, a vario titolo, oltre 15 persone.

Gli accertamenti della Procura monzese, oltre alla vicenda legata ai “favori” per ottenere i permessi edilizi e quant’altro relativi alle due aree industriali, riguardano anche la gestione del Servizio Integrato Trasporti Alto Milanese, e presunti finanziamenti, come è stato denunciato, finiti nelle casse locali del partito di Penati. Finanziamenti che Di Caterina avrebbe elargito a partire dal ’94 fino al 2003 – si sospetta che la cifra versata sia maggiore di quella denunciata -, e che poi, questa la ricostruzione, visti i continui ostacoli burocratici a cui è andato incontro (ha anche un contenzioso con l’Atm e a suo carico un procedimento per diffamazione), ha chiesto indietro.

La restituzione, in base a quanto ipotizzato nell’indagine, sarebbe avvenuta in due periodi e in due modi diversi: nel 2001, attraverso la riscossione da parte di Di Caterina di una tranche da 2 miliardi e mezzo di lire circa – pervenuti all’imprenditore in contanti da una banca lussemburghese – dei circa 5 miliardi e settecento milioni complessivi in tangenti che sarebbero stati pagati a Penati dal costruttore Pasini per l’area ex Falck; poi, tra il 2008 e il 2010, tramite Binasco, definito una sorta di ‘Cavaliere bianco’ che avrebbe versato a Di Caterina, per l’accusa su indicazioni sempre di Penati, altri due miliardi come caparra per l’acquisto, mai avvenuto, di un immobile dell’imprenditore sestese valutato a un prezzo molto alto. Sull’episodio, agli atti, esiste una lettera sequestrata nel 2009 al titolare della Caronte.

Penati ha parlato di ricostruzioni “parziali, contraddittorie e unilaterali indotte da altre persone coinvolte nella stessa vicenda giudiziaria. E’ sempre – ha concluso – lo stesso imprenditore già indagato per emissioni di fatture false per operazioni inesistenti che mi accusa tentando così di coprire i suoi guai con la giustizia”.

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