Messina, nuovo caso di lite in sala parto: neonato in coma

di Redazione

l'ospedale MESSINA. Un nuovo caso di lite in sala parto arriva da Messina, dove un bimbo, nato la scorsa settimana, dopo un diverbio tra due medici nella Ginecologia dell’ospedale “Papardo”, è ricoverato in coma farmacalogico nel reparto di Terapia intensiva neonatale del Policlinico.

La discussione – come la rissa avvenuta lo scorso 28 agosto per il caso del piccolo Antonio Molonia al Policlinico – è legata a diversità di vedute sulla scelta tra parto naturale e taglio cesareo per la puerpera 24enne, Ivana Rigano, già in avanzata fase di travaglio. Due giorni fa la donna e il marito 34 anni, Nicola Mangraviti, hanno deciso di presentare una denuncia-querela ai carabinieri e il sostituto procuratore Anna Maria Arena ha aperto un’inchiesta, al momento, contro ignoti.I carabinieri hanno acquisito le cartelle cliniche.

Il neonato – nato di oltre 4 chili – è ora intubato e tenuto in coma farmacologico, nella Terapia intensiva neonatale del Policlinico dov’è stato trasferito d’urgenza subito dopo il parto naturale al Papardo. Proprio per le sue dimensioni il piccolo sarebbe rimasto incastrato, al momento di venire al mondo, e quei secondi di mancanza di ossigenazione avrebbe creato lesioni cerebrali, ma anche agli arti. Il parto è avvenuto dopo molte ore di travaglio della 24enne. La puerpera, alla sua prima gravidanza, era in attesa del taglio cesareo deciso dal ginecolgo Rosario Pino quando sarebbero intervenuti il primario Francesco Abate ed il suo aiuto Saverio Esposito che avrebbero addirittura strappato i moduli del consenso già firmato dai genitori ordinando che si procedesse invece col parto naturale. La donna ha poi potuto partorire soltanto 4 ore dopo.

Il bambino, intanto, ha avuto una sofferenza post ischemica. “Abbiamo proceduto con la ventilazione e l’abbiamo sedato e intubato ed è in coma farmacologico”, ha detto il professor Ignazio Barberi, direttore dell’unità operativa di terapia intensiva neonatale del Policlinico di Messina. “Il bambino – spiega Barberi – ha sofferto perché gli è mancato l’ossigeno ed è andato in asfissia. Al momento le condizioni sono serie ma in netto miglioramento, qualcosa di più preciso si potra dire tra una settimana”.

DIREZIONE: “NESSUNA LITE”. “Nessuna lite in sala parto e nessun nuovo caso di malasanità”. E’ quanto chiarisce la direzione dell’azienda ospedaliera Papardo-Piemonte di Messina, al centro di polemiche dopo la nascita di un bimbo, ora ricoverato con problemi. I genitori hanno denunciato il primario di ginecologia, contrario al taglio cesareo che, secondo loro, avrebbe potuto evitare le complicanze. La procura ha aperto un’inchiesta. “Le notizie di stampa – osserva il direttore generale, Armando Caruso – fanno evidentemente riferimento a due casi ben distinti tra loro, avvenuti in giornate differenti e che opportunamente vanno ricostruite nei dettagli. Il primo caso riguarda un’aggressione subita, cinque giorni fa, da un dirigente medico della struttura di Ostetricia e ginecologia, il dottore Rosario che è parte lesa; caso che non ha avuto nessuna rilevanza clinica tant’è che la madre ed il neonato, sono a casa ed in buona salute. Dell’aggressione il direttore del reparto ha dato comunicazione all’autorità giudiziaria e avviato un’indagine interna anche per valutare se presentare una querela”. “Il secondo caso, ben distinto – osserva Caruso – è avvenuto sette giorni fa e le circostanze risultano totalmente diverse e riguarda altra paziente con tutt’altra storia clinica, assistita al parto dal dottore Saverio Esposito. Dalle relazioni presentate dai due sanitari, Abate ed Esposito, risulta che il parto è avvenuto in modo spontaneo, senza ricorrere al parto cesareo, e nessuna lite si è verificata tra gli operatori in servizio presso la struttura”.

LA VERSIONE DELLA MADRE. “Non so se i medici hanno litigato, so di certo che ero giunta all’ospedale dove, a parere di tutti i medici avrei dovuto partorire con un cesareo, viste le dimensioni del bambino, che pesava 4 chili 150 grammi. Ma il primario, Francesco Abate, è intervenuto, sostenendo la tesi del parto naturale e vietando il cesareo. E’ stato tremendo: ho subito lacerazioni, il parto è stato difficilissimo, il bimbo ha avuto difficoltà di ossigenazione, subendo danni”. Lo afferma la puerpera Ivana Rigano. “Non avrei mai pensato a un parto naturale – aggiunge – perché le dimensioni del bambino lo sconsigliavano. L’unico a insistere per questo metodo è stato il primario Francesco Abate, mentre gli altri suoi colleghi erano favorevoli al cesareo, anche se non l’hanno praticato. Per questo ci siamo rivolti alla magistratura”. Quanto alle accuse rivolte dal primario ai parenti della puerpera, che avrebbero aggredito i medici, la donna afferma che “sì, c’era stato un battibecco tra i sanitari e i familiari di qualcuno che aveva partorito o stava partorendo, ma mio marito e le persone a noi vicine sono estranei a questo episodio”.

MOLONIA. Sull’argomento è stato interpellato anche Matteo Molonia, padre del bambino nato in sala parto al Policlinico di Messina mentre due medici litigavano. “È un dolore che si rinnova, un’esperienza che si ripete e sulla quale occorre che l’informazione resti con i riflettori accesi. È come vivere nuovamente quella drammatica esperienza – aggiunte Molonia – e come se quello che è accaduto fosse stato già dimenticato. Per questo continuo la mia battaglia per ottenere giustizia e affinchè il mondo dell’informazione continui a fare luce su quello che accade: non è per me o mia moglie, ma per le madri e i bambini di Messina”.

MARINO. Sul fronte politico non mancano le reazioni al nuovo caso di malasanità: “In un mese due liti tra medici, due vite compromesse e due madri traumatizzate e sofferenti nella stessa città. Le notizie che arrivano dall’ospedale Papardo di Messina mi lasciano allibito e scioccato: ho avviato un’ulteriore istruttoria attraverso i carabinieri appartenenti al nucleo Nas della Commissione d’inchiesta sul Servizio Sanitario Nazionale”, dice in una nota Ignazio Marino, senatore del Pd e presidente della Commissione d’inchiesta sul Servizio Sanitario Nazionale. Marino aggiunge: “I documenti che ne deriveranno andranno ad aggiungersi agli atti acquisitidopo letragiche vicende del Policlinico di Messina e di Policoro, Piove di Sacco e Reggio Emilia. Chi parla di errori umani e minimizza dovrebbecambiare idea definitivamente. È un’emergenza, una falla del sistema che sta diventando letale per il nostro Paese. C’è bisogno di azioni concrete: la regolazione dell’intramoenia (già disciplinata con la legge 120 del 2007, di cui questo Governo ha ritardato l’applicazione fino all’inizio del 2013) e il mancato rispetto dei protocolli hanno fatto già abbastanza vittime, attendere ancora potrebbe soltanto lasciare spazio a nuove tragedie”.

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