I finiani preparano i gruppi: 30 nomi alla Camera, 12 al Senato

di Redazione

Fini e BocchinoROMA. I “finiani” alle Camere si stanno organizzando per formare nuovi gruppi parlamentari, fuori dal Pdl, se dall’Ufficio di presidenza di giovedì sera a Palazzo Grazioli scatterà qualche espulsione.

A quanto si apprende, in mattinata i deputati vicini al presidente della Camera hanno avuto una riunione nell’ufficio di Italo Bocchino per sottoscrivere la richiesta al presidente di Montecitorio per costituirsi in un gruppo autonomo. E si stanno muovendo anche al Senato. Uno dei sottoscrittori dice che al momento le firme raccolte alla Camera dovrebbero essere quasi una trentina. Ma il documento è in stand-by in attesa di capire le decisioni della maggioranza del partito.

Giovedì mattina Bocchino ha avuto un colloquio con Gianfranco Fini nel suo studio, probabilmente per aggiornarlo dell’iniziativa. Sarebbe infatti Fini, in qualità di presidente della Camera, a dover dare l’autorizzazione per il nuovo gruppo. Da regolamento, a Montecitorio bastano almeno venti firme per formare un gruppo autonomo. Anche al Senato ci sarebbero più di dieci senatori, sufficienti a formare un gruppo autonomo. All’incontro con Fini avrebbero infatti partecipato dodici senatori. “Non è una guerra di religione”, ha dichiarato uno dei senatori del Pdl partecipanti all’incontro. “Fini ha esposto le sue motivazioni in modo pacato, sereno, equilibrato e ponderato. Al Senato ci riuniremo anche la prossima settimana, abbiamo tempo per organizzarci”.

Secondo quanto si apprende, gli aderenti alla Camera sarebbero: Bocchino, Briguglio, Granata, Raisi, Barbareschi, Proietti, Divella, Buonfiglio, Barbaro, Siliquini, Perina, Angela Napoli, Bellotti, Di Biagio, Lo Presti, Scalia, Conte, Della Vedova, Urso e Tremaglia. Ci sarebbero poi altri deputati finiani, che non aderiscono a Generazione Italia, ma che starebbero valutando la possibilità di firmare il modulo. Fra questi, Bongiorno, Paglia, Lamorte, Rubens, Menia, Angeli, Ronchi, Moffa, Cosenza, Patarino. Alcuni di loro hanno espresso nelle settimane passate dubbi sulla possibilità di seguire Fini nel caso di una rottura, ma altri sarebbero pronti a seguire questa strada. “Questi numeri mettono la golden share del governo nelle mani di Fini”, ha detto convinta una fonte parlamentare che partecipa al progetto.

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