16 marzo 1976, il Parlamento chiude il dibattito sull’aborto

di Redazione

 Accadde Oggi. Il 16 marzo del 1976 il Parlamento Italiano chiude il dibattito sull’aborto, ma bisognerà attendere la Legge n.194 del 22 maggio del 1978 perché l’interruzione di gravidanza sia possibile, per legge, in Italia.

Il cammino della Legge nasce da una serie di vere “provocazioni civili” che il Partito Radicale mette in campo. Lo stesso segretario del Partito, Gianfranco Spadaccia, la segretaria del Centro Informazioni Sterilizzazione Aborto, Adele Faccio e la militante Emma Bonino, vengono arrestati per essersi autodenunciati per aver praticato aborti.

All’epoca e crediamo non solo allora, l’aborto clandestino in Italia era una vera piaga, una sorta di vergogna civile, contro la quale bisognava porre rimedio. Il 5 febbraio dello stesso anno Marco Pannella e Livio Zanetti, allora direttore de “L’Espresso”, presentano alla Corta di Cassazione un Referendum abrogativo degli articoli dal 546 al 555 del Codice Penale che riguardano i reati per aborto.

Aderiscono fin dall’inizio il Partito Radicale, L’Espresso, il Movimento di liberazione della donna, Lotta Continua, Avanguardia operaia, PdUP-Manifesto. Quella che comunque sembra solo una lotta della sinistra vera italiana, è un sentimento popolare di grande impatto e rappresenta una di quelle lotte che la stessa sinistra italiana una volta sapeva realmente combattere.

Vengono raccolte 700.000 firme, ma il Parlamento viene sciolto dall’allora presidente Giovanni Leone, la Corte Costituzione però scende in campo con una propria sentenza.

Con la Legge 194 lo Stato garantisce il diritto alla procreazione ed il diritto alla vita, definisce l’interruzione di gravidanza non un mezzo per il controllo delle nascite.

L’aborto è permesso nei primi novanta giorni di gravidanza per serio pericolo di vita della donna o per condizioni economiche e psicologiche (leggi abusi sessuali e stupro), o anche per anomalie e malformazioni del concepito.

L’aborto (o Interruzione Volontaria di Gravidanza da cui la sigla Ivg), è concesso anche oltre i novanta giorni, sempre per grave pericolo di vita della donna o quando siano in essere gravi problemi mal formativi o patologici per il nascituro.

La Legge, ancora oggi al centro di contestazioni e polemiche, rappresenta comunque uno dei grandi traguardi raggiunti per i diritti delle donne realizzato da uno Stato laico.

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