Castel Volturno, anziana massacrata in villa con 30 coltellate

di Redazione

La villa del delittoCASTEL VOLTURNO (Caserta). Trenta coltellate, al petto e alla schiena. Ma un delitto, per ora, senza spiegazioni. Clara Guidotti, 77 anni, abitava a Napoli in via Caldieri.

Vedova da qualche anno, aveva l’abitudine di trascorrere l’estate in una villetta di Castelvolturno, in via Ricciarelli, 48. Fino a qualche giorno fa con lei era stato un figlio, poi era partito. Una famiglia tranquilla, la descrivono i vicini. Sabato pomeriggio, Clara Guidotti stava preparando la cena del giorno dopo: aspettava, infatti, tutti e quattro i figli (tre maschi e una femmina) e i nipotini per festeggiare il suo onomastico (Clara deriva, infatti, da Chiara). Qualcuno, però, arriva a casa tra le 16 e le 17 (è questo l’arco di tempo nel quale, secondo una prima valutazione del medico legale, è stato commesso il delitto) e bussa alla porta. Alle 19 un nipote passa a trovare la nonna e scopre il delitto. È dunque tra le 16 e le 17 il buio che i carabinieri della compagnia di Mondragone stanno cercando di illuminare. Nelle mani degli investigatori ci sono alcuni elementi: anzitutto la quasi certezza che non si sarebbe trattato di una rapina andata male. Nessun oggetto di valore, né denaro è stato portato via. La casa, inoltre, è stata trovata sostanzialmente in ordine. Solo nella stanza dove è stato commesso il delitto, vi sono i segni di un tentativo di resistenza della donna. Un tentativo blando, considerato che si trattava di una donna anziana. Ma nulla sarebbe stato toccato e portato via. E allora l’attenzione dei carabinieri si è rivolta alle modalità di accesso all’abitazione: la porta era perfettamente chiusa, ma per arrivare al villino bisognava possedere le chiavi di un cancello di ingresso, oltre che della porta stessa di casa. E dalle testimonianze raccolte non sono state viste persone estranee al parco. Sono state trovate aperte due porte-finestre. Un particolare sul quale gli investigatori stanno lavorando, perché si ritiene che l’assassino possa averle usate per allontanarsi dopo il delitto. Quindi, l’omicida sarebbe entrato dalla porta d’ingresso con il consenso di Clara Guidotti che, evidentemente, lo conosceva. Ricostruzione che sta portando gli inquirenti a valutare la posizione di una serie di persone che avevano contatti con la donna, a iniziare dai familiari. È stata, invece, scartata l’ipotesi di un atto di rabbia da parte di una ragazza dell’est, che la Guidotti impiegava per i servizi domestici e che la scorsa settimana aveva allontanato. La ragazza rintracciata e interrogata dai carabinieri è apparsa estranea al fatto. Nelle caserme dei militari di Castelvolturno e di Mondragone sono stati ascoltati i familiari e diversi vicini di casa. Da un lato gli investigatori cercano di ricostruire la vita di Clara Guidotti e le sue amicizie, in particolare focalizzando la loro attenzione su Castevolturno, dall’altro si cerca di dare una localizzazione nel pomeriggio di ieri a ciascuna delle persone sentite. Si lavora anche per cercare di trovare l’arma del delitto: un coltello, o forse un punteruolo. Ma non si esclude che le armi bianche usate per uccidere la donna possano essere addirittura due, un coltello e un punteruolo. Sulla schiena della donna sono state, infatti, trovate ferite «di punta», fendenti portati con una violenza cieca e barbara, un atto che potrebbe essere stato commesso da una persona accecata dall’odio, forse in preda a un raptus di follia. Forse dopo una discussione degenerata.

LE REAZIONI

Via Ricciarelli«Non c’è niente da dire, non è il momento». Uno dei figli di Clara Guidotti, Carlo Sarracino, molto provato allontana con decisione i giornalisti. «Non è il momento di parlare, sono sconvolto, arrivederci». Poi chiama due bambini, i suoi figli: «Venite, andiamo via». La famiglia Sarracino si chiude a riccio. Si chiude intorno a «Casa piccina», una villetta immersa nella pineta dove sabato una violenza inaudita ha stroncato la vita di Clara Guidotti. Da sabato sera alle 19 il mondo è crollato addosso a una famiglia che tutti definiscono di «persone tranquille». I figli sono tutti arrivati a Castevolturno. Via Ricciardelli, 48 è un parco chiuso: un cancello delimita il viale di villette costruite una trentina di anni fa quando Castelvolturno per molti napoletani divenne il luogo della casa al mare. È una specie di enclave. Un recinto delimita anche la zona della pineta. Qui tutti si conoscono, tutti conoscevano Clara Guidotti. E tutti la ricordano con parole di affetto. Ora sulla comunità – costituita per lo più da professionisti del Vomero e dell’Arenella – c’è una grande tristezza e anche un’ombra sinistra. «Qui – racconta una vicina – non è mai successo nulla, c’è stata sempre una grande tranquillità». Di Clara Guidotti tutti ricordano la socievolezza e il dinamismo e la sua voglia di tenere insieme la famiglia, con i pranzi e le cene con i figli. Anche quest’anno Clara Guidotti aveva lasciato il Vomero per spostarsi in quest’angolo del Litorale e affrontare la calura estiva. Con gli stessi riti, le stesse amicizie. Come faceva da quando con il marito, Edgardo Sarracino, ingegnere dell’allora Sip, aveva acquistato questa villetta, così come avevano fatto tanti altri napoletani. «Non sarà più come prima», commenta un altro vicino. «Non può essere lo stesso, la vita andrà pure avanti, ma la gioia e la soavità dio questo posto non c’è più». Nel vicinato il timore è quello che si sia trattato di un gesto non isolato, di un tentativo di rapina (peraltro escluso dai carabinieri) e che sostanzialmente si sia aperta una falla. Il clima è pesante. I sigilli apposti alla villa degli investigatori non lasciano spazio alla ripresa della vita normale. «Oltre quel cancello, un po’ arruginito, si è consumato un delitto incredibile – ragiona una vicina – non possiamo non essere coinvolti tutti emotivamente». A Castelvolturno l’omicidio di Clara Guidotti ha segnato la giornata, almeno in quelli che abitano stabilmente nel comune. «Un velo di tristezza si è disteso su di noi» dice un commerciante di frutta. «Troppa violenza – aggiunge un avventore – il nostro è un mondo balordo, senza valori».

Piena di vita tra balli latini e cineforum.

Era vedova di un ingegnere con quattro figli la famiglia vive in via Caldieri al Vomero

Giuseppe Sparano, medico della vittima«Clara, hanno ammazzato Clara. Non è possibile, non ci credo». Giuseppe Sparano è stato per quasi quaranta anni il medico curante della donna uccisa a Castelvolturno. Medico e amico. Quando gli raccontano dell’assalto alla villa corre ad avvertire la moglie, Anna. Nessuno dei due vuole credere alle prime, frammentarie notizie venute a rompere la quiete di una domenica di agosto. Nel parco al civico 63 di via Caldieri al Vomero dove la famiglia Sarracino, è questo il cognome da sposata di Clara Guidotti, abita da sempre, i pochi vicini restati in città sono increduli. «Clara era una donna piena di vita – racconta il medico – le nostre famiglie si conoscevano da sempre, i nostri figli giocavano insieme. Poi, quattro anni fa era morto suo marito, Gerardo, che lavorava come ingegnere al genio civile. Era stato lui a volere la villa di Castelvolturno. Ma lei, Clara, era sempre felice di andarci». Vedova da quattro anni, Clara Guidotti era una donna che non aveva paura della solitudine, anche perché a riempire la sua vita restavano i quattro figli: Silvana, insegnante d’inglese in una scuola media, Carlo, Bruno e Sandro. Ed era proprio la figlia di quest’ultimo a darle molto da fare: i genitori della piccola, raccontano i vicini riuniti in un capannello al centro del cortile, erano separati e perciò il papà la portava spesso dalla nonna. Era così era Clara a portare la bambina a scuola, ad accompagnarla al corso di danza, ad accudirla con amore e costanza. Ma Clara non era solo una nonna, era anche una donna capace di intraprendere nuove attività. Si era iscritta a una scuola di balli latini americani, frequentava un cineforum, guidava con disinvoltura. E non aveva paura della solitudine. «Era felice di andare a Castelvolturno – racconta ancora Giuseppe Sparano – probabilmente anche perché le faceva piacere portare al mare Francesca. Ma io una volta sono stato in quella casa e ricordo che era un po’ isolata. Lei raccontava spesso che la zona era frequentata da molti extracomunitari, ma non ha mai mostrato di aver paura di loro e di nessun altro». Il condominio dove fino a qualche giorno fa aveva vissuto Clara Guidotti è uno di quelli nati quando il Vomero ha cessato di essere un borgo agricolo per diventare una città satellite abitata dalla media borghesia formata da impiegati e professionisti, quaranta famiglie tranquille che si conoscono tra loro, che sanno molto l’uno dell’altro. «Due figli di Clara vivono a Pozzuoli – racconta Benito, il vicino del piano di sopra – altri due sono ancora al Vomero, ma tutti vengono a trovarla spesso. La figlia Silvana era venuta la settimana scorsa, quando la mamma era già partita per la villeggiatura, per portar via la gattina». Da allora al Vomero non si è visto più nessuno della famiglia. E a tutti sembra impossibile che a settembre la casa resterà ancora vuota.

da “Il Mattino”, lunedì 13.08.07 (di Antonio Pisani e Daniela De Crescenzo)

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