Gricignano, arrestato il latitante Antonio Aloia: si nascondeva in casa di un fiancheggiatore

di Redazione

Gricignano (Caserta) – Un’irruzione, alle prime luci dell’alba, ha messo fine a una latitanza che durava da circa un anno e mezzo. I carabinieri del nucleo investigativo di Castello di Cisterna, coordinati dalla Dda partenopea, hanno rintracciato e arrestato a Gricignano d’Aversa, nel Casertano, il 47enne Antonio Aloia, condannato per camorra e sparito nell’agosto 2024 dopo non essere rientrato in carcere al termine di un permesso premio.

Il blitz – L’uomo si nascondeva nell’appartamento di un fiancheggiatore 45enne, del posto. Quando i militari, supportati dal team A.P.I. di Napoli, hanno fatto irruzione, Aloia stava dormendo. Sul comodino, a pochi centimetri dal letto, una pistola con il colpo in canna. Al termine dell’operazione sono scattate le manette anche per il fiancheggiatore. Aloia sarà ora trasferito in carcere.

La condanna e la latitanza – Il 47enne stava scontando una pena complessiva di 27 anni e 3 mesi di reclusione per associazione mafiosa, detenzione illegale di armi ed estorsione continuata e aggravata dal metodo mafioso. La fine pena era fissata al 2030. Era già stato arrestato da latitante circa vent’anni fa. È fratello di Andrea, fermato dai carabinieri nell’ottobre 2023, anche lui irreperibile fino a quel momento.

Il profilo criminale – Il peso di Aloia, all’anagrafe criminale noto come Tonino ’O cinese, emerge da una vecchia informativa dei carabinieri confluita in un’ordinanza contro il clan Crimaldi di Acerra, territorio segnato per anni da una feroce contesa tra gruppi camorristici rivali. Un equilibrio criminale instabile, scandito da arresti, condanne e ritorni sulla scena degli stessi uomini di vertice. Tra i nomi storici, sottolineano gli inquirenti, figura proprio Aloia. In passato l’uomo fu coinvolto anche in un’inchiesta per due omicidi. Dopo circa dieci anni di detenzione, venne rimesso in libertà per la scadenza dei termini di custodia cautelare. Indicato come esattore del racket, il suo ruolo emerge dalle dichiarazioni di una delle vittime: «Bastava un cenno della mano di Aloia verso i due uomini che lo accompagnavano per far capire loro che dovevano seguirlo». E ancora: «Conobbi Aloia nel 2000. Si presentò in un mio cantiere e fermò i lavori armato di pistola. All’epoca preferii smettere di lavorare, ma non pagai».

Il racconto prosegue delineando un clima di soggezione diffusa: «I “guaglioni” di Aloia erano lì a spalleggiarlo. Non potevamo replicare alle parole del capo: erano pronti a intervenire se avessi fatto gesti inconsulti. Lui parlava e loro prendevano atto, facendo capire a tutti che bisognava fare ciò che veniva imposto. Dovevamo parlare poco, ascoltare e obbedire, come da anni sono costretti gli imprenditori di Acerra, me compreso. Dovevamo pagare e basta».

Un arresto che pesa – Con quello di Aloia sale a 23 il numero dei latitanti arrestati quest’anno dai carabinieri del comando provinciale di Napoli. IN ALTO IL VIDEO 

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