Un’aula gremita e un verdetto che lascia aperte ferite profonde: così si è chiuso a Napoli il processo di primo grado per la morte di Luca Piscopo, il quindicenne deceduto il 2 dicembre 2021 dopo nove giorni di febbre, vomito e dolori insopportabili seguiti a un pranzo in un ristorante “all you can eat” del Vomero. Il giudice monocratico Giuliana Taglialatela ha condannato a due anni e sei mesi di reclusione il titolare del locale, mentre ha assolto il medico di base che seguì il ragazzo. Un esito che ha scatenato la rabbia dei familiari, presenti in aula insieme agli amici e alle ragazze che quel giorno mangiarono con lui.
Il verdetto – Il ristoratore, di nazionalità cinese, è stato riconosciuto colpevole di omicidio colposo e di violazioni in materia di igiene e conservazione degli alimenti. Dovrà anche versare una provvisionale di 45mila euro a ciascuna delle parti civili. Assolto, invece, il medico di base, al quale la procura contestava la mancata tempestiva presa in carico del giovane. Il pubblico ministero Federica Amodio aveva chiesto tre anni di reclusione per il gestore del locale e un anno e otto mesi per il professionista. La sentenza è arrivata al termine della camera di consiglio iniziata oggi intorno alle 15.
Le accuse – Secondo la procura, il ragazzo avrebbe contratto una salmonellosi dopo aver consumato sushi nel locale insieme ad alcune amiche; contagio che, secondo gli inquirenti, avrebbe poi innescato la miocardite risultata fatale. I consulenti dell’accusa hanno inoltre sostenuto che il giovane avrebbe potuto salvarsi con un intervento medico immediato, circostanza non riconosciuta dal giudice nei confronti del sanitario. Luca fu curato a casa, senza visite domiciliari del medico, come emerso dagli atti. Due giorni dopo la morte, il ristorante venne chiuso dai carabinieri del Nas.
Le voci dei familiari – La madre del ragazzo, Maria Rosaria Borrelli, ha definito il verdetto «una sentenza ingiusta», attaccando in particolare l’assoluzione del medico: «In dieci giorni mio figlio ha perso più di dieci chili, lui non mi ha mai fatto una telefonata per chiedermi come stava il ragazzo». Tra i presenti anche l’amica di Luca, Imma Varriale, che ha commentato: «La vita di Luca non può valere due miseri anni e sei mesi. Il medico, che non ha saputo svolgere il suo lavoro, è stato assolto. Ancora una volta la giustizia italiana ha fallito. Serviva il massimo della pena».
La ricostruzione dei fatti – Luca era uno studente modello del liceo Pansini. Quel giorno di fine novembre del 2021 aveva deciso di pranzare nel locale del Vomero con quattro compagne. Le ragazze furono poi curate in tempo per la stessa infezione; il ristorante, all’epoca denominato “Sumo” e ubicato in via Bernini, non esiste più. La procura ha contestato ai due imputati il reato di omicidio colposo, mentre per il ristoratore si aggiungevano le irregolarità igienico-sanitarie. A difendere gli imputati sono stati gli avvocati Arturo Cola e Vittoria Pellegrino; le parti civili erano rappresentate dagli avvocati Marianna Borrelli, Rossella Esposito e Amedeo Bolla. Nel giorno dell’anniversario della morte del giovane, i genitori hanno lasciato l’aula con l’amarezza di una giustizia che, a loro dire, non ha restituito piena verità: «Niente potrà colmare il vuoto che ci portiamo dentro».

