15enne rapito davanti scuola nel Napoletano per un riscatto da 1,5 milioni: arrestati ultimi due membri del commando

di Redazione

Fu trascinato via di forza mentre si avvicinava all’ingresso dell’istituto, chiuso nel silenzio della mattina e nella sua routine di studente. Quei pochi secondi bastarono a tre uomini incappucciati per bloccare un 15enne di San Giorgio a Cremano e spingerlo dentro un furgone, sotto la minaccia di una richiesta di riscatto da un milione e mezzo di euro. Oggi la Polizia di Stato e la Guardia di Finanza di Napoli hanno arrestato gli ultimi due presunti membri del gruppo, chiudendo il cerchio sul sequestro a scopo di estorsione consumato l’8 aprile nella cittadina alle porte di Napoli.

Gli arresti – Le misure cautelari sono state eseguite nei confronti dei cugini Renato Franco e Giovanni Franco, di 28 e 25 anni. Il primo è ritenuto vicino alla criminalità organizzata e indicato dagli inquirenti come il presunto “regista” del sequestro; al secondo viene contestato il concorso nel rapimento. I provvedimenti sono stati emessi dal giudice per le indagini preliminari su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, nell’ambito dell’indagine affidata ai pm Henry John Woodcock e Stefano Capuano, con il coordinamento del procuratore aggiunto Sergio Ferrigno.

La dinamica del sequestro – Il ragazzo, figlio di un imprenditore titolare di un autolavaggio, fu sorpreso poco prima delle ore 8 mentre scendeva dalla sua minicar. Il commando lo afferrò e lo sollevò di peso per trascinarlo a bordo di un furgone. Le telecamere della zona documentarono l’aggressione fulminea. Il 15enne venne poi rinchiuso in un’abitazione del quartiere Barra di Napoli: otto ore legato mani e piedi, incappucciato e seduto su una sedia. Nel frattempo, i sequestratori contattavano il padre, chiedendo un riscatto da un milione e mezzo di euro. Nessun pagamento venne effettuato. Il giovane fu infine liberato nei pressi dello svincolo della tangenziale di Napoli, in direzione Licola.

Il primo arresto e le tracce investigative – Il giorno stesso del rapimento venne individuato e fermato il primo componente del commando, Amaral Pacheco De Oliveira, bloccato poche ore dopo e trovato con il cellulare utilizzato per le richieste di riscatto e per contattare i complici. Il fermo fu convalidato dal gip, che dispose la detenzione in carcere. Secondo le informazioni raccolte, il sequestratore aveva lavorato in passato con il padre della vittima.

Il presunto tentativo di silenziare il complice – Le attività investigative della Squadra Mobile e del Nucleo di polizia economico-finanziaria avrebbero inoltre documentato un tentativo di pressione interna al gruppo. Renato Franco, ritenuto legato al clan Attanasio, avrebbe provato a evitare che Pacheco De Oliveira collaborasse con gli investigatori, consegnando denaro alla sua compagna e pagandogli l’assistenza legale.

L’indagine parallela sul padre del ragazzo – Nel corso delle verifiche è emerso un ulteriore elemento: l’iscrizione del padre del 15enne nel registro degli indagati per il reato di riciclaggio aggravato. La contestazione è scaturita da una perquisizione eseguita il 16 luglio 2025. Si tratta di un fascicolo parallelo, collegato agli accertamenti economici nati durante l’indagine sul sequestro, senza ulteriori dettagli al momento resi noti.

Il lavoro congiunto – L’inchiesta ha visto l’azione coordinata della Direzione distrettuale antimafia e l’attività congiunta di Polizia di Stato e Guardia di Finanza. Le intercettazioni, il monitoraggio degli spostamenti e l’analisi delle comunicazioni telefoniche hanno permesso di ricostruire ogni fase della vicenda, fino agli arresti delle ultime ore che completano il quadro delle responsabilità ipotizzate dagli investigatori. Restano in corso gli accertamenti economico-finanziari collegati alla posizione del padre della vittima.

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